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Fra restrizioni e divieti: aspetti dell'alimentazione della popolazione civile di Marano Vicentino nella Grande Guerra
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Fra restrizioni e divieti: aspetti dell'alimentazione della popolazione civile di Marano Vicentino nella Grande Guerra
Marano Vicentino, tra il 1915 e il 1918 è sede di comandi, ospedali militari e truppe destinate al fronte, oltre che meta temporanea di profughi e sfollati provenienti dai paesi vicini. Affiorano progressivamente le difficoltà e le tensioni causate alla popolazione dalle inevitabili difficoltà alimentari. Scarseggiano i beni alimentari primari. Le donne maranesi, con i mariti e i figli maschi al fronte, insorgono e si oppongono ai tentativi di aumentare i prezzi del latte. I cereali prodotti localmente, come nel caso della Fattoria Fioretti che alcuni anni prima divenne nota per aver selezionato il “sorgo maranelo”, subiscono sequestri a favore dell’esercito in guerra. Numerosi provvedimenti del Regno, sin dal 1915, impongono restrizioni che obbligano ad utilizzare farine di bassa qualità, per ottenere quantità maggiori di pane. Solo i malati degli ospedali possono contare su pane di qualità meno scadente. A partire dal 1° gennaio 1917, con controlli sempre più pesanti, i fornai sono obbligati a produrre il cosiddetto “pane di guerra”, enfaticamente celebrato da D’Annunzio: scuro, con farina grezza, mal lievitato, umido, veniva venduto raffermo, il giorno dopo la cottura.
I frutti della terra nella zona di Schio. Vite e melo nell'antichità (e oltre): alcune riflessioni a partire dalla realtà locale
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I frutti della terra nella zona di Schio. Vite e melo nell'antichità (e oltre): alcune riflessioni a partire dalla realtà locale
Uno dei più importanti frutti della nostra terra proveniente dall'antichità è il vino, ritenuto proprio una risorsa antichissima con origine in età neolitica. Tutto inizia con gli Egizi e i Greci che svilupparono la viticoltura e diffusero le loro tecniche per poi permettere al vino di entrare nella fiorente attività commerciale del tempo come uno tra i prodotti principali di scambio. Descrivendo i tanti passaggi che dovevano essere eseguiti rigorosamente per giungere al prodotto finale, si confronta la produzione passata con l'odierna. Non si parla però solo di vino, infatti anche la mela, diffusa dall'Asia centrale fino a giungere in Grecia e sulle rive del Nilo, rientra nei prodotti locali la cui coltivazione ha trovato nel nostro territorio un ambiente favorevole. Ripercorrendo così i tempi passati si vuole far conoscere la storia di questi prodotti tra la realtà locale e le origini lontane, tra curiosità storiche e credenze, valori simbolici e narrazioni mitologiche.
Sulla barricate del Risorgimento: il vicentino Domenico Cariolato e la sua amicizia con Garibaldi
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Sulla barricate del Risorgimento: il vicentino Domenico Cariolato e la sua amicizia con Garibaldi
L’articolo traccia un profilo della vita del vicentino Domenico Cariolato (1835-1910), figura emblematica e potente della stagione risorgimentale. Già insignito di medaglia di bronzo al valor militare, per un eroico atto compiuto a dodici anni durante l’assedio di Vicenza del 1848, fu costantemente al fianco di Giuseppe Garibaldi nelle imprese più importanti dell’epopea risorgimentale. Combatté giovanissimo nella difesa della Repubblica Romana. Nel 1860, partecipò nel contingente dei 34 vicentini della spedizione dei Mille. Si distinse anche nell’impegno civile, politico e sociale: per decenni fu tutore dell’asilo di Bertesina, inaugurato nel 1870, e voluto per accogliere bambini poveri e figli di contadini. Si spense settantacinquenne, a Roma, dove negli ultimi anni prestò servizio per la Casa Reale.
Nuove Straordinarie Scoperte Speleologiche nel Territorio di Monte di Malo
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Nuove Straordinarie Scoperte Speleologiche nel Territorio di Monte di Malo
Il nome Monte di Malo viene associato a quello di Buso della Rana, una delle grotte più lunghe d'Italia. La grotta si trova poco lontana dall’'altopiano del Faedo la cui particolare natura geologica, ha permesso la formazione di cavità di dimensioni straordinarie. L'altopiano è segnato a SE dalla Valle Faeda e a NW dalla Valle delle Lóre. Attualmente, sono note un centinaio di cavità per lo più ad andamento verticale. Grazie alle perlustrazioni degli speleologi del C.A.I. di Schio fu scoperta una grotta di quasi settecento metri con un grande salone sotterraneo e un corso d'acqua. L'importanza di questa scoperta consiste nella intercettazione dei due notevoli torrenti sotterranei in quota. L'altopiano del Faedo, come ogni altopiano carsico, manca quasi completamente di idrografia superficiale perché tutta l'acqua viene drenata dalle fratture: questa situazione del terreno, comune alla maggioranza degli altopiani carsici, comporta che la presenza di qualsiasi inquinante che dovesse interessare l'ambiente superficiale, in tempi brevissimi raggiungerebbe le gallerie sotterranee e quindi la cintura di risorgive luogo di captazione idrica.
De Pretto dott. Olinto. Memorie geologiche di Schio e dintorni
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De Pretto dott. Olinto. Memorie geologiche di Schio e dintorni
Olinto de Pretto (1857-1921), fu il fratello di Silvio, fondatore nel 1884 dell’omonima industria di Schio, poi accorpata nel 1921 con la Escher Wyss di Zurigo. Laureato in Scienze Agrarie a Milano, iniziò la propria carriera come assistente universitario del prof. Cantoni. Tornato a Schio si occupò dell’amministrazione dell’impresa del fratello, impegno che non gli impedì tuttavia di approfondire con entusiasmo lo studio della geologia del territorio scledense. Suoi significativi contributi, in tale ambito, furono in particolare due studi: i “Cenni geologici sul territorio altovicentino” della “Guida storica-alpina di Valdagno Recoaro Schio Arsiero”, del 1898 e la Memoria “Le due Faglie di Schio. Studi di geologia dei monti di Schio”, pubblicata nel Bollettino della Società Geologica Italiana nel 1920. Il primo studio è trascritto integralmente nel saggio, mentre del secondo, che riporta la descrizione delle due faglie interessanti il territorio di Schio, viene prodotta una sintesi. Per questo secondo studio, Olinto de Pretto si avvalse anche delle precedenti indagini di valenti studiosi, quali Alessandro Tornquist, Leonzio Maddalena, Achille de Zigno, Antonio Stoppani, Pietro Maraschin e Lodovico Pasini, dei quali vengono tracciati brevi profili.
Antonio Toaldi, patriota e deputato
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Antonio Toaldi, patriota e deputato
Nel regime repressivo austriaco instauratosi progressivamente dopo il Congresso di Vienna, la fede risorgimentale del giovane Antonio Toaldi si nutre degli esempi eroici dei moti romagnoli e dei fratelli Bandiera. Il saggio delinea i tratti della personalità e della vita dell’illustre scledense, a partire dall’antica famiglia di origine e dal clima politico in cui muove i primi passi. Nato nel 1826, ancora studente universitario aderisce attivamente ai moti del 1848. Il 25 aprile combatte con i fratelli Arnaldo e Clemente Fusinato e altri 300 cittadini al Pian delle Fugazze;un mese dopo partecipa alla difesa di Vicenza, attaccata dal generale Radetzki. Si laurea a Padova nel 1850, ma per fuggire dalle persecuzioni austriache ripara in Piemonte e si affilia alla “Giovane Italia” di Giuseppe Mazzini, su incarico del quale si reca nell’inquieta Ungheria. Catturato dagli austriaci a Semlino viene condannato alla fucilazione, pena poi definitivamente commutata in cinque anni di duro carcere che compromettono la sua salute. Le vicissitudini continuano anche dopo il rientro in Italia, nel 1857, dapprima a Udine e poi a Torino. Nel 1866 è a Salò, dove organizza come comandante del deposito dei “Cacciatori del Garda” i volontari garibaldini. Nell’Italia postunitaria continua il suo impegno civile e politico, come parlamentare, per dieci legislature, fine alla morte. Una lapide sulla casa natale e una via di Schio a lui intitolata, ne tengono ancor oggi viva la memoria.
Le reti ecologiche. Breve studio sul territorio del Comune di Marano Vicentino
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Le reti ecologiche. Breve studio sul territorio del Comune di Marano Vicentino
La storia del mais Marano inizia nel 1890 con la famiglia Fioretti, abili proprietari terrieri ed esperti agricoltori. La nascita del mais Marano avvene infatti grazie ad Antonio Fioretti e ai suoi esperimenti sugli incroci tra le varietà di mais, il suo intento era quello di riuscire a crearne una che fosse capace di adattarsi al meglio alla tipologia di terreno di Marano. Lo sviluppo di questo prodotto non degrada, anzi: dal 1920 il successo cresce e il mais Marano diventa uno dei cereali più apprezzati di tutto il Nord Italia. Il mais Marano al giorno d’oggi viene commercializzato esclusivamente dalla Cantina sociale “Val Leogra” di Malo, socia con il Consorzio di tutela, che ha il compito di difendere la produzione e la diffusione del mais. L’articolo infine contiene una descrizione agronomico-storica dei cereali coltivati nell’area del Veneto.
Le Società di Mutuo Soccorso a Piovene Rocchette tra fine '800 e primi '900
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Le Società di Mutuo Soccorso a Piovene Rocchette tra fine '800 e primi '900
Nella prima metà dell'Ottocento l'Italia passò dalle Corporazioni alle S.O.M.S (Società Operaie di Mutuo Soccorso), associazioni fondate sulla mutualità, caratterizzate dall'assenza di fini di lucro, dalla solidarietà, dall'autogestione dei fondi sociali e dalla moralità dei soci. Fra le attività assistenziali troviamo la corresponsione di pensioni, sussidi, aiuti finanziari. Le S.O.M.S, organizzate soprattutto nel Nord del paese tra fine Ottocento e inizio Novecento, non hanno avuto un’origine esclusivamente laica, in qualche caso si sono formate per iniziativa del clero più attento alle esigenze dei tempi. Verso la fine dell'Ottocento nacque la Società di Mutuo Soccorso di Piovene Rocchette, suddivisa tra soci effettivi (esercenti una professione, tra i 15 e i 45 anni, che pagavano una quota mensile), onorari (pagavano la quota ma non avevano diritto al sussidio) e benemeriti (esonerati dai pagamenti). Un socio, se responsabile di immoralità, offese o mancanza di doveri, veniva espulso. Le cariche sociali erano: Presidente onorario, Presidente, Vice Presidente, Consiglio Direttivo, Commissione di Vigilanza, Comitato di Sindaci, Comitato di Arbitri, Segretario Amministrativo, Cassiere, Esattore, Portabandiere, supplente. Le Assemblee generali e straordinarie prevedevano un dibattito che anticipava la votazione. Alcune Società, come quella di Piovene Rocchette, effettuarono infine un servizio di trasporto funebre per i soci.L’attività della Società di M.S. di Piovene, dopo alcuni cambiamenti negli anni ‘30, proseguì la sua attività fino all’inizio degli anni ‘80.
La tela del ragno. Strategie e dinamiche territoriali intorno alla Riva dei Frati in Piovene Rocchette
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La tela del ragno. Strategie e dinamiche territoriali intorno alla Riva dei Frati in Piovene Rocchette
L’articolo parla di luoghi simbolici come il monte Summano. Si descrive il legame del monte con la spiritualità, il convento di frati Gerolimini e l'orto come simbolo spirituale. Si menziona anche l'Ospizio e la rete di relazioni religiose. Si tratta poi della storia dell’area denominata Riva dei frati a Piovene Rocchette. Si parla delle attività dei frati nel periodo tra il Quattrocento e il Settecento, della gestione delle proprietà, delle controversie sulle risorse idriche e dei cambiamenti di proprietà dopo la soppressione degli ordini religiosi. Nel XIX secolo, un'imprenditoria interessata alle risorse d'acqua del sito tenta di creare una birreria, ma non riesce a raggiungere il successo desiderato.
La lavorazione del ferro a Tretto di Schio. Origini, evoluzione e sviluppo di un sistema porduttivo locale
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La lavorazione del ferro a Tretto di Schio. Origini, evoluzione e sviluppo di un sistema porduttivo locale
La lavorazione del ferro al Tretto di Schio è una tradizione artigianale secolare che ha radici profonde nella storia produttiva della zona, iniziata secondo alcune ipotesi perfino nell’età preistorica;nel XV secolo si registra la numerosa presenza di maestranze di origine tedesca ma intorno alla metà del secolo successivo si assiste ad un declino delle attività estrattive e di lavorazione , che riprenderanno nell’ Ottocento da parte di piccole aziende.Il saggio descrive gli elementi del laboratorio artigianale ed il processo adottato per la fusione e la lavorazione del ferro grezzo per creare manufatti di alta qualità. Le fasi chiave includono il riscaldamento del ferro fino a una temperatura sufficientemente alta da renderlo malleabile, seguito da martellatura e modellatura per ottenere forme desiderate. L’arte del Tretto, specialmente la produzione di coltelli e ronchetti, si è tramandata di generazione in generazione, contribuendo alla conservazione delle abilità tradizionali e alla creazione di coltelli accuratamente lavorati.
Fabbricatori di carri agricoli in Valleogra
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Fabbricatori di carri agricoli in Valleogra
Con la caduta in disuso dei carri agricoli, ormai conservati solo in alcuni musei, i carrai o carradori, artigiani specializzati, sono sopravvissuti solo in alcuni borghi. Il carro vicentino ha caratteristiche classiche: quattro ruote (quelle posteriori più grandi), un timone, un letto e un sistema frenante. A volte i carri venivano decorati, d’abitudine erano solo dipinti. Sia le ruote sia il carro avevano un preciso procedimento di costruzione, il carro veniva personalizzato in base all'uso e al proprietario e ogni carraio utilizzava tecniche proprie per distinguersi. L’articolo fornisce un elenco di falegnami valleogrini, con un approfondimento sulle famiglie Casato di San Vito di Leguzzano, Nicola Cocco di Monte di Malo e Giuseppe Smiderle di Torrebelvicino. Nel primo dopoguerra alcune aziende di falegnameria, come quella scledense di Luigi Dalla Via, si convertirono alla realizzazione di carrozzerie per mezzi più moderni.
Chiesa di Monte di Malo: l'esaltazione di San Giuseppe nel ciclo pittorico del professor Napoleone Girotto
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Chiesa di Monte di Malo: l'esaltazione di San Giuseppe nel ciclo pittorico del professor Napoleone Girotto
A Monte di Malo, nel 1882, giunse don Gaetano Montanaro. Egli si spese molto per la costruzione di una nuova chiesa parrocchiale, che fu completata nel 1909. Il parroco desiderava anche che l’edificio fosse decorato con un ciclo di affreschi dedicati alla figura di S. Giuseppe. Così, si rivolse a Napoleone Girotto, pittore famoso nella zona. L’artista dipinse le scene della vita del santo con una particolare attenzione agli usi e ai costumi della Terrasanta, che aveva visitato. All’interno della chiesa, il Girotto affrescò anche altri episodi della Bibbia, come, ad esempio, le vicende di Noè, Isacco, Mosè e Giobbe.
Scuola di Orticoltura e Pomologia a Schio e annesso podere-modello a Santorso
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Scuola di Orticoltura e Pomologia a Schio e annesso podere-modello a Santorso
Il 28 marzo 1865, Alessandro Rossi decise di aprire una scuola agraria dislocata in due sedi, quella di Schio, per la parte teorica e quella a Santorso, con annesso un podere, per la pratica. A prova di questo ci sono alcune lettere di ammissione di insegnanti. Era presente pure un binario che conduceva gli studenti fino alla scuola. Il podere comprendeva circa 130 campi divisi in due corpi separati dalla strada provinciale Schio-Piovene-Arsiero. I due corpi venivano lavorati con strutture e strumentazioni all’avanguardia. L’elegante Scuola-Convitto di Schio poteva ospitare fino a 60 allievi ed era telefonicamente in contatto con il podere. La scuola era considerata un istituto tecnico che formava giovani professionisti dopo un biennio obbligatorio e un eventuale terzo anno facoltativo. Alessandro Rossi aveva previsto un regolamento che prevedeva una collaborazione tra Rettore e Direttore, ma discordie sopravvenute tra i due furono una delle probabili cause della chiusura della scuola assieme a fattori economici. L’intento di Rossi era infatti di affiancare alla scuola un’azienda produttiva, ma questa non garantì abbastanza entrate e fu a sua volta causa della chiusura della scuola.
Le immagini della memoria. Scorci di vita piovenese tra Ottocento e Novecento
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Le immagini della memoria. Scorci di vita piovenese tra Ottocento e Novecento
Le fotografie raccolte documentano la vita a Piovene tra l’ottocento e il novecento e ne raccontano la storia. La prima foto, risalente al 1821, raffigura Via Maggiore, odierna via Vittorio Emanuele II, prima dei lavori di ristrutturazione. Nella seconda foto è rappresentata la vita nella piasséta (Piazza Vecchia) negli anni ‘30. L’articolo, col supporto di altre immagini, descrive lo stile di vita dell’epoca: l’utilizzo della “Fontana de sora”, la storia della giasara (ghiacciaia) comunale oppure quella di edifici come la chiesetta della Madonna di Lourdes e Villa Benetti. Vengono , inoltre, ricostruiti i fatti più importanti per il territorio, tra cui la nascita e lo sviluppo della Lanerossi - e, di conseguenza, la vita degli operai - ma anche di eventi più traumatici. Sono presenti, infatti, diverse immagini a testimonianza della Grande Guerra. Nella raccolta si trova anche una foto che raffigura il primo automobilista di Piovene-Rocchette, Gaetano Rossi, sulla sua Peugeot “4 places À moteurs deux chev
Allevamento, malghe e alpeggio nel territorio di Valli del Pasubio e sui monti circostanti
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Allevamento, malghe e alpeggio nel territorio di Valli del Pasubio e sui monti circostanti
L’articolo ripercorre l’attività di allevamento nella val Leogra e nella zona delle Prealpi vicentine a partire dal XIV secolo. Sono presenti censimenti relativi alla presenza dei bovini e degli animali da lavoro relativi al periodo XV - XIX secolo. Viene approfondito il pensionatico , e le controversie relative al diritto di pascolo, l’alpeggio e la funzione delle casare, nonché le problematiche legate alle malattie del bestiame. Si chiude con ricca appendice documentaria.
La biblioteca dei Girolimini nell'eremo di monte Summano nell'anno 1600
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La biblioteca dei Girolimini nell'eremo di monte Summano nell'anno 1600
Nell’anno 1600, il Convento di Santa Maria di Monte Summano, affidato alla Congregazione dei Girolimini del Beato Pietro Gambacorta da Pisa, consta di ventidue stanze e di diverse strutture per i religiosi e per l’accoglienza dei pellegrini. Dispone altresì di una fornita biblioteca con circa duecento volumi, a dimostrazione della crescente attenzione riservata dall’Ordine allo studio, a partire dalla seconda metà del Cinquecento. Nel clima della Controriforma, conseguente al Concilio di Trento, la Congregazione avvia un’inchiesta per determinare i libri presenti nei diversi conventi. Nell’eremo di Monte Summano, oltre ai 36 volumi custoditi nella biblioteca, vengono censiti puntualmente anche i testi posseduti dai singoli religiosi, cinque dei quali sicuramente presenti con certezza nel convento. I titoli sono in gran parte di materia dottrinale, in linea con i dettami controriformistici del tempo. Alcuni riguardano il sacramento della penitenza e la pratica della confessione che la Chiesa post conciliare intendeva vigorosamente sostenere. Complementari a questi, i trattati sulle eresie e sugli esorcismi. Un nutrito numero di volumi tratta inoltre la predicazione e la filosofia cristiana. Ma alcuni dei libri posseduti dai singoli religiosi, figuravano tra i quelli classificati come proibiti dell’Index Librorum Prohibitorum del 1596 e l’inchiesta interna dell’Ordine li rileva puntualmente.
Il patrimonio artistico della parrocchiale di San Vito di Leguzzano
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Il patrimonio artistico della parrocchiale di San Vito di Leguzzano
La chiesa di San Vito di Leguzzano, situata in provincia di Vicenza, ospita un patrimonio artistico vario, tra cui numerosi dipinti e manufatti. L'articolo offre un quadro delle produzioni artistiche presenti nella chiesa, con dettagli sulle opere e sugli artisti coinvolti, con particolare attenzione ai dipinti del XVI-XVII secolo. Viene esaminata tra le altre un'opera del pittore Alessandro Maganza, in cui Cristo diventa il punto focale in una composizione triangolare. Si menziona il pittore Bartolomeo Donati e il suo rapporto con Boschini. Il testo esplora anche le sculture lignee, inclusa una statua di Cristo morto, e presenta gli oggetti d'arte sacra e oreficeria. Vengono inoltre analizzati baldacchini settecenteschi e novecenteschi presenti nella chiesa. Infine si descrive il pregevole organo storico del XIX secolo.
Le fornaci di Malo e dintorni: un profilo storico-evolutivo
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Le fornaci di Malo e dintorni: un profilo storico-evolutivo
Il saggio ripercorre le tappe storiche e l’evoluzione della tecnica di lavorazione dell’argilla, dapprima utilizzata come materiale da costruzione e, dal Neolitico, anche per la produzione di oggetti in terracotta. A Malo, San Vito di Leguzzano e Villaverla, una ricca toponomastica e numerosi cognomi riferibili a questa attività, ne attestano la presenza fin dal Cinquecento, mentre a partire dal secolo successivo ci sono pervenute documentazioni ufficiali sulle numerose fornaci attive. La fase di maggior sviluppo della laterizia si ebbe tra Ottocento e la prima metà del Novecento, periodo che vide in funzione ben 21 fornaci nel territorio di Villaverla, Malo, S. Tomio e San Vito di Leguzzano. Alla crescita numerica si accompagnò lo sviluppo della tecnica di lavorazione, anche attraverso il deposito di brevetti – come nel caso della Fornace Lanuzzi di Malo. Ma fu proprio la conseguente crescita di produzione a determinare, già a partire dal 1912, i primi segnali di crisi del settore che implose a seguito del Primo conflitto mondiale. La fase di ricostruzione postbellica trainò la ripresa negli anni Venti. Nella seconda metà del Novecento si imposero metodi di produzione più spiccatamente industriali, favoriti anche dal boom economico del secondo dopoguerra. Nella fase più recente, alle cicliche crisi economiche del settore, si è contrapposta la concentrazione, la specializzazione e la diversificazione produttiva delle imprese.
Furti e danni campestri nella San Vito del Cinquecento e Seicento
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Furti e danni campestri nella San Vito del Cinquecento e Seicento
L’articolo ha l'obiettivo di far rivivere un aspetto poco conosciuto del mondo passato quando le comunità rurali prestavano estrema attenzione alla tutela del proprio territorio. Il comune sanvitese al pari di tanti comuni rurali si era avocato il diritto della mariganza, un istituto proprio dei signori feudali, che prevedeva la possibilità di nominare colui a cui spettava il compito di vigilare sulle proprietà pubbliche e private denunciando danni recati o furti subiti. Questa figura si chiamava il marigo. Il marigo e i suoi aiutanti, i saltari, compilavano i libri dei manifesti annotando quanto avevano rilevato, fosse esso furto o danno. Per ogni denuncia del manifesto era presente la data e la precisazione "di notte", qualora la denuncia si riferiva dopo il tramonto del sole, la località, il numero di merce rubata o il numero di animali trovati a pascolare abusivamente. La lettura dei manifesti ci permette di conoscere diverse varietà di cereali e leguminose coltivate nel passato, come quelle raffigurate nelle incisioni dei Discorsi di Pietro Andrea Matthioli sanese, tratte dall'edizione veneziana del 1621.
Nascita e sviluppo della cooperazione casearia nella Val Leogra e nell'alta Val d'Astico. Dalle piccole latterie turnarie al terzo complesso veneto di Latterie Vicentine
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Nascita e sviluppo della cooperazione casearia nella Val Leogra e nell'alta Val d'Astico. Dalle piccole latterie turnarie al terzo complesso veneto di Latterie Vicentine
Nell’articolo si trattano la nascita e lo sviluppo della produzione casearia nell’area scledense e pedemontana. Partendo dal contesto socio-economico in cui si è affermata, l’autore spazia riportando la situazione precaria creatasi durante la prima guerra mondiale;presenta i gruppi politici e religiosi che si sono impegnati nel risolvere problemi sanitari, di orario lavorativo e disoccupazione. Infine l’autore dedica spazio all’evoluzione della cooperativa tutt’oggi conosciuta come "Latterie Vicentine”.
Valle dei Mercanti a Torrebelvicino. Storia di una contrada scomparsa
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Valle dei Mercanti a Torrebelvicino. Storia di una contrada scomparsa
L’articolo descrive le immediate conseguenze della frana staccatasi dal monte Varolo, che distrusse la contrada Mercanti di Torrebelvicino nel marzo 1901.Si considerano quindi le reazioni della comunità, gli interventi delle autorità pubbliche come riportato dai quotidiani dell’epoca.Si ripropone quindi per esteso un articolo della Gazzetta di Venezia che commentava l’accaduto, accompagnato da considerazioni di carattere geologico.In appendice si riporta il testo della relazione dell’ingegnere del Distretto sulle possibili cause del movimento franoso.
Studio idrogeologico del territorio comunale di Valle del Pasubio
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Studio idrogeologico del territorio comunale di Valle del Pasubio
Si inquadra la zona di Valli del Pasubio, descrivendone i confini geografici e la morfologia, che consiste in formazioni calcareo-dolomitiche e scisti cristallini. Si elencano poi le formazioni geologiche presenti nel territorio, descrivendone la costituzione e il periodo di formazione, dal terziario al vulcanismo basico. Vengono presentate le caratteristiche del bacino idrogeologico, della circolazione idrica superficiale e sotterranea, quest'ultima dipende da infiltrazione, circolazione ed emersione delle acque. Si catalogano le formazioni rocciose in base al grado di porosità e di permeabilità, distinguendo tra coperture detritiche e rocce del substrato. Attraverso la carta idrogeologica, si localizzano le formazioni litoidi permeabili, gli scisti, le faglie, le sorgenti; si evidenzia anche la presenza di filoni legati ad attività vulcanica lungo le linee tettoniche e si descrive il meccanismo di circolazione delle acque. Infine si distinguono varie tipologie di sorgenti.
Il ponte della ferrovia Rocchette-Asiago
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Il ponte della ferrovia Rocchette-Asiago
La ferrovia Rocchette-Asiago, attiva dal 1910 fino al 1958, comprendeva un ponte in ferro ad arcata negativa sospeso a 70 metri sul fiume Astico. La sua costruzione avvenne tra il 1906 e il 1909 e fu curata dalla ditta Bianchi-Steiner & C. di Milano. Negli anni ‘50 tuttavia la crescente motorizzazione iniziò a sottrarre passeggeri e merci ai treni della ferrovia, ragione per cui, il 31 luglio 1958, fu sancita la chiusura di quest’ultima, ponte dell’Astico incluso. Dopo numerosi sopralluoghi, il materiale ferroso del ponte fu giudicato scadente e facile al logorio: il 9 dicembre 1966 questo venne dunque abbattuto. Durante il crollo precipitarono tremila quintali di ferro, che andarono a fracassarsi nel greto del fiume trascinandosi dietro alberi e sassi come una frana. Al giorno d’oggi, percorrendo il viadotto di Sant'Agata, collegamento recentemente costruito fra le sponde dell'Astico, si scorge ancora in piccola parte ciò che rimane della maggior opera eretta per il servizio della ferrovia Rocchette-Asiago.
Ndar col caval de San Francesco (cioè a piedi) ovvero i trasporti a Schio tra i due secoli
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Ndar col caval de San Francesco (cioè a piedi) ovvero i trasporti a Schio tra i due secoli
Si tratta l’evoluzione dei mezzi di trasporto a Schio tra ‘800 e ‘900, cominciando dall’esposizione di quelli che sono i mezzi di trasporto tradizionali manuali della vita agreste, utilizzati per il trasporto del bestiame, dei prodotti dell’agricoltura o delle persone stesse. Si illustra poi l’instaurazione della linea ferroviaria Schio-Vicenza a fine ‘800 e del servizio automobilistico a inizio ‘900, vengono inoltre menzionate le leggi su cavalli e carrozze, le prime linee servite dalle autovetture e una gita avventura sempre grazie ai mezzi pubblici. Si parla poi del conte Almerico da Schio, con un breve resoconto biografico, e della sua “aeronave”, spiegando i tentativi di costruire un mezzo volante nel corso dei secoli, le innovazioni avvenute e il primo volo di questa aeronave. Si riportano poi l’importanza della bicicletta nella vita comune e le testimonianze di alcune persone riguardo i mezzi di trasporto, industriali e comuni;infine si riportano i proverbi della zona riferiti ai mezzi di trasporto.
Zappe della Val Leogra, produzione e tipologie. Sulle tracce di un attrezzo in via "d'estinzione"
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Zappe della Val Leogra, produzione e tipologie. Sulle tracce di un attrezzo in via "d'estinzione"
La zappa è considerata nell'immaginario collettivo simbolo del faticoso lavoro contadino. Si tratta di un attrezzo manuale per la lavorazione superficiale del terreno ed è costituita da una lama, un occhio e il manico. Le dimensioni e la forma dei vari componenti variano in relazione al tipo di lavoro da svolgere, ogni parte ha un nome specifico. Il processo di lavorazione prevede quattro fasi: la realizzazione dell’occhio (diversa per la zappa singola o per la zappa doppia), la lama, la rifilatura, la molatura e infine la pulitura dopo la quale il fabbro incideva il proprio marchio sulla lama utilizzando il punzone. L'immanicatura richiedeva due passaggi fondamentali: la scelta del legno, a discrezione di ogni contadino, e il sistema di bloccaggio. I tipi di zappe più diffuse nella Val Leogra sono le zappe da vangatura e le zappe da sarchiatura e rincalzatura. Di frequente, le zappe si usuravano a causa della durezza del terreno, oppure a causa di un cattivo utilizzo dell’attrezzo;in caso di rottura o usura, si poteva rimpicciolire la zappa oppure destinarla a lavori meno pesanti.
Fabbriche dell'Alto Vicentino a servizio dell'Esercito durante la Grande Guerra
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Fabbriche dell'Alto Vicentino a servizio dell'Esercito durante la Grande Guerra
L’entrata in guerra del 24 maggio 1915 coinvolge nelle forniture all’esercito italiano, non solo le grandi industrie tessili dell’Alto Vicentino, ma anche una serie di imprese minori, soprattutto attive nel settore del legno, della metallurgia e della meccanica, in totale circa una sessantina. Queste ultime - come le scledensi Gregori di Magrè, la Metallurgica Scledense, la Schiro, la Bianco, le maranesi Berto e Costa, e la piovenese Guerrino Rigoni - erano impegnate prevalentemente nella produzione di ordigni, tramite la ditta Laverda di Breganze che fungeva da capocommessa. Fornitori diretti furono invece la Silvio De Pretto di Schio, le Industrie Meccaniche Maranesi e la Fratelli Berto di Marano Vicentino, la Scortegagna di Piovene Rocchette. Del tutto singolare fu la vicenda della Segheria Peron di Schio. Il titolare Antonio Peron subì un processo e una condanna per truffa ai danni dell’Esercito, che subentrò, in conseguenza di ciò, nella gestione dello stabilimento per la produzione di baracche e garitte prefabbricate. La parte finale dello studio approfondisce la vicenda dello stabilimento Luigi Dalla Via di Schio, segnata dalla chiamata alle armi del titolare il 15 novembre 1916.
La cantina sociale della Val Leogra a Malo. Divagazioni di un'estimatrice
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La cantina sociale della Val Leogra a Malo. Divagazioni di un'estimatrice
L’economia della Val Leogra nasce principalmente dalla sua storia agricola e dal lavoro dei campi, basato soprattutto sulla coltura della vite. Data l’importanza che l’attività agraria costituiva per la realtà della campagna vicentina ottocentesca e novecentesca, fra il 1956 e il 1957 il dottor Ernesto Bressan, consulente presso gli agricoltori della zona per conto del Ministero dell’Agricoltura, decise di fondare a Malo una Cantina Sociale, detta “Val Leogra”, per far convergere insieme la cultura e la storia della civiltà rurale. Sotto la guida del dottor Bressan la Cantina Sociale riuscì ad affermarsi e a crescere di popolarità, divenendo non solo uno spaccio di vini redditizio ma anche un vero e proprio luogo di incontro per l’intera popolazione. Nel 1974 verrà così inaugurato il Museo della Civiltà Rurale della Val Leogra, una vasta collezione comprendente macchine da lavoro, attrezzi agricoli e utensili d’uso domestico. La Cantina, ancora aperta al giorno d’oggi, produce ed offre la degustazione di ottimi vini quali il "Granajo Bianco", il "Fontana d'Oro" e “il "Sojo Rosso", oltre che numerose prelibatezze come la farina di mais, mieli di acacie, frutta e verdura fresca, salumi e formaggi prelibati.
La latteria sociale Lesina ora Santa Maria del Summano di Santorso
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La latteria sociale Lesina ora Santa Maria del Summano di Santorso
La latteria Lesina a Santorso spicca tra i caseifici protagonisti nella lavorazione locale del latte quando questo non poteva essere lavorato in casa come era tradizione per altri prodotti. Varie furono le tappe storiche che influenzarono lo sviluppo della latteria dopo le origini con i signori Pasini, passando dall'iniziale influenza della rivoluzione industriale ai cambiamenti di produzione, compresi gli ammodernamenti avvenuti nel tempo. Tutto ciò si vuole raccontare nell’articolo, come, tra le varie conquiste e gli inevitabili problemi, la latteria è arrivata fino ai tempi più recenti, a testimonianza di valori e di una cultura alimentare che nonostante i nuovi tenori a cui siamo abituati lascia il suo segno assieme ad una passione genuina senza età.
La truppe di Eugenio di Savoia a Piovene nel 1701-1706
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La truppe di Eugenio di Savoia a Piovene nel 1701-1706
Ai primi del Settecento, l’abitato di Piovene assistette, involontariamente ai movimenti di truppe dell’esercito austriaco, comandate da Eugenio di Savoia, in guerra con i francesi per la successione al trono di Spagna, apertasi in seguito all’improvvisa morte di Carlo II. Tra brevi annotazioni dell’allora arciprete don Rinaldo Ziero, emerse dall’archivio parrocchiale, riportano i movimenti di truppe, accampatesi nella zona dei Preazzi e delle Garziere, tra il 1701 e il 1706. Dichiaratasi neutrale, la Repubblica di Venezia fu inerte spettatrice del conflitto. Ottantatré anni più tardi, divenuta teatro di un nuovo conflitto austro-francese, sarebbe poi definitivamente capitolata.
Il Monte Naro (Torrebelvicino). Geologia e miniere
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Il Monte Naro (Torrebelvicino). Geologia e miniere
Il Monte Naro, alto all’incirca 620 metri e situato nel comune di Torrebelvicino, rappresenta una delle località mineralogiche più importanti del Veneto per via della sua struttura geologica complessa, oltre che per le numerose grotte e giacimenti minerari che vi si trovano. L’articolo descrive la formazione e la tipologia delle rocce che formano il monte. Esso fu sede di attività estrattive riguardanti soprattutto argento, ferro, piombo e rame. Le rocce, una volta estratte, subiscono lavorazioni quali la frantumazione, l’arrostimento, la fusione e l’affinazione.
La chiesa parrocchiale di S. Giuseppe a Monte di Malo
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La chiesa parrocchiale di S. Giuseppe a Monte di Malo
Il 30 aprile 1882 don Gaetano Montanaro arrivò a Monte di Malo, trovandosi di fronte a un clima di generale miseria e sfiducia a causa di una terribile crisi economica che aveva colpito tutto il Veneto, portando numerose famiglie ad emigrare verso le Americhe. A Monte di Malo, anche la chiesa di San Sebastiano versava in uno stato di degrado, in quanto costruita su un terreno cedevole e dunque soggetta a crolli frequenti. Don Montanaro decise quindi di far spianare la collinetta su cui sorgeva la vecchia chiesa e di costruirne una nuova di tasca sua. Furono comunque elargite numerose offerte. Nel 1893 fu posta la prima pietra di quella che sarebbe diventata la chiesa di San Giuseppe e nel 1897 venne celebrata la sua prima messa. Nel 1911 papa Pio X si congratulò per mezzo di una lettera con don Montanaro per il suo operato.
Notizie dal Monte. Vicenda criminale a Monte di Malo nel XVII secolo
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Notizie dal Monte. Vicenda criminale a Monte di Malo nel XVII secolo
Si narrano le vicende di Francesco De Luca e Marco Dal Medico, entrambi appartenenti alla criminalità e attivi nel Comune di Monte di Malo, nel corso del Seicento. Francesco De Luca venne catturato dai montemaladensi e viene infatti menzionato durante il Consiglio dei 42. Marco Dal Medico venne arrestato per avere ucciso il fratello durante una lite: venne incarcerato e condannato alla pena capitale, ma fu rilasciato grazie alle richieste della madre. Ai montemaladensi, grazie alla cattura di De Luca, venne concessa la voce di liberar bandito alla quale si appellò il padre di Dal Medico per scarcerare definitivamente il figlio. Il Consiglio dei 42 si riunì e ne concesse la vendita, a patto che venisse rimborsato il comune e a seguito di alcune testimonianze.
La Santa Domenica di San Vito di Leguzzano. Una rara iconografia tardo medievale
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La Santa Domenica di San Vito di Leguzzano. Una rara iconografia tardo medievale
Si discute di una rara iconografia tardo medievale, “Santa Domenica”, conservata nella chiesa dell’Immacolata Concezione a San Vito di Leguzzano. Si illustra la struttura architettonica della chiesa, la sua costruzione e le variazioni subite nel tempo, precisando inoltre la sua denominazione cinquecentesca “chiesa di sotto”, per distinguerla dalla chiesa parrocchiale detta “chiesa di sopra”. Si esamina poi l’affresco descrivendolo e spiegando l’importanza delle figure rappresentate: il Cristo e “Santa Domenica”, cioè la personificazione del giorno della settimana. Si espone inoltre il messaggio simbolico espresso dall’opera e in seguito si riportano la sua datazione e l’autore. Successivamente vengono analizzate due opere paragonabili alla “Santa Domenica” per nucleo semantico (l’Imago pietatis e il Cristo della domenica), per studiare a fondo l’origine dell’immagine e le sue variazioni nel tempo. Infine è menzionato e approfondito il “ Cristo della domenica” di San Pietro di Feletto a Treviso, paragonandolo all’opera omonima, precedentemente citata.
La "nuova strada" Schio-San Vito-Malo. Viabilità dell'Alto Vicentino tra Settecento e Ottocento
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La "nuova strada" Schio-San Vito-Malo. Viabilità dell'Alto Vicentino tra Settecento e Ottocento
Il saggio parla delle opere viarie intraprese tra il Settecento e l’Ottocento, ovvero la ricostruzione delle strade medievali al fine di creare così l’odierna rete stradale;infatti nel medioevo era presente la problematica della viabilità, molto importante per garantire uno scambio commerciale rapido e una buona comunicazione tra gli abitanti. Difficile era garantire la percorribilità in questi tempi per via di condizioni avverse: un esempio ne fu la strada Vicenza-Schio tra il 1760 e il 1774, ostacolata dai torrenti della Val Leogra. Tuttavia nella prima metà dell’Ottocento paesi come Malo, Santorso, San Vito, Marano e Thiene furono collegati da nuove arterie che rimpiazzarono le ormai passate strade medievali. Questa tematica rimane ancora oggi al centro dell’attenzione di ogni amministrazione pubblica.
Malo e le sue fornaci: 1800-1850
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Malo e le sue fornaci: 1800-1850
Lo studio mette in luce il ruolo cruciale delle fornaci per la produzione laterizia nella crescita economica e industriale della città di Malo tra il 1800 e il 1850. Vengono esplorati gli aspetti legati all'organizzazione del lavoro, alle vie di comunicazione con le zone limitrofe, all'arretratezza tecnologica, al commercio della legna, oltre che di panni, seta, vino;insieme alle colture, come il frumento, trovano spazio nell’articolo anche l'alimentazione e l'allevamento, principalmente di bachi da seta, buoi, pecore e cavalli. Attraverso fonti storiche e testimonianze, viene approfondita la conoscenza della produzione laterizia di fabbriche e fornaci, unitamente all’indagine sulle precarie condizioni igieniche ed ambientali e sulla condizione sociale. L'analisi rappresenta uno strumento per indagare aspetti rilevanti a cavallo tra la storia industriale, l'economia locale e la vita sociale dell'epoca.
Falegnami, bottai, carrai di San Vito di Leguzzano
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Falegnami, bottai, carrai di San Vito di Leguzzano
Per la lavorazione del legno, in particolare nella zona di San Vito di Leguzzano, vengono scelte numerose specie arboree. Prima di entrare nella bottega del falegname la pianta subiva diverse lavorazioni. Inoltre dalla metà dell'Ottocento le segherie ricorrevano alla forza idrica convogliata in una roggia: le cosiddette segherie ad acqua. È presente nell’articolo un elenco delle diverse segherie della zona, un elenco dei bottai e sono segnalati i falegnami e le loro botteghe. Alla fine del 20° secolo si assiste alla meccanizzazione del mestiere che sostituisce la maggior parte degli attrezzi impiegati, dei quali è presente un elenco ed una descrizione dettagliata. Si precisa infine che i falegnami si orientavano a produrre attrezzi per il lavoro agricolo ma in particolare eccellevano nella realizzazione delle botti, di cui si descrive la modalità di costruzione.
Da Monte di Malo a... La Val Leogra in cucina
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Da Monte di Malo a... La Val Leogra in cucina
Attorno all'anno Mille sulle colline dell'Alto vicentino si sviluppa la coltivazione della vite. Tra '800 ed il primo ‘900 si predilige la quantità alla qualità. Nelle località della Val Leogra si possono trovare diverse qualità di uva e quindi di vino prodotto. Tra gli altri prodotti della terra troviamo albicocche, ciliegie, loti giapponesi, melagrane, mele, pere, susine, verze e patate. Dai prodotti del maiale deriva il piatto tipico della Val Leogra: i gargati col consiero. Nel 1912 la Val Leogra possedeva ben dodici distillerie che producevano la grappa. La Val Leogra è un territorio fortunato dal momento che è anche ricca d’acqua. Numerose sono infatti le fonti che venivano sfruttate e che nell’Ottocento richiamavano turisti e villeggianti.
A. B. D. S. - Archivio Biblioteca del Duomo di Schio
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A. B. D. S. - Archivio Biblioteca del Duomo di Schio
Nel cuore di Schio, vicino al Duomo, sorge l'Archivio Biblioteca, un luogo intriso di storia. Restaurato nel 1978 da due studiosi locali che trasformarono una collezione di libri e documenti abbandonati in un tesoro culturale utilizzando il metodo Dewey. Oggi l'archivio è in costante espansione e vi si stanno aggiungendo servizi di consultazione digitale. Vi sono presenti documenti anagrafici dal XVIII secolo, conservati per la maggior parte a seguito delle direttive imposte dal Concilio di Trento. Purtroppo, gran parte dei documenti precedenti al 1706 è andata perduta. L'archivio ospita anche quadri della pinacoteca del Duomo e una biblioteca con 20.000 libri donati da varie figure ecclesiastiche fin dal 1577.
Dalla terra alla lana: pratiche pastorali e produzione lanaria nell'antichità (e oltre) in Val Leogra. Spunti per una ricostruzione.
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Dalla terra alla lana: pratiche pastorali e produzione lanaria nell'antichità (e oltre) in Val Leogra. Spunti per una ricostruzione.
Partendo dal ritrovamento di alcune fusaiole, piccoli dischi con un foro al centro fatti in genere di terracotta e di pesi da telaio, databili all’età del ferro e rinvenuti tra il monte Summano, Santorso e l’altipiano di Asiago, l’articolo discute delle pratiche più antiche della lavorazione della lana sul territorio e la permanenza di queste attività fino all’età contemporanea. A seguire vengono riassunte alcune antiche pratiche pastorali narrate in antiche fonti letterarie;viene posta l’attenzione sul contesto geo-morfologico e sulla presenza di pascoli e relativa attività pastorale. Il lavoro del pastore viene esaminato in dettaglio nelle varie epoche storiche con alcuni riferimenti anche alla mitologia classica. L’articolo si conclude con una descrizione dettagliata delle varie fasi della lavorazione della lana.
Il museo archeologico di Schio, dalle origini al 1912
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Il museo archeologico di Schio, dalle origini al 1912
Il 9 ottobre 1888, un comitato locale propone al Comune di Schio di creare una collezione pubblica di libri, oggetti storici e artistici. Il 20 novembre, il Comune approva l'idea. Il progetto del museo, inizialmente pensato per essere ospitato presso il palazzo Toaldi Capra o il vecchio Ginnasio di via Porta di Sotto, crea difficoltà organizzative e diffidenza da parte dei donatori e viene accantonato. Tuttavia, il ritrovamento di reperti archeologici sul monte Summano rinnova l'interesse per questa idea. Nel 1911, con il supporto della soprintendenza agli scavi nel Veneto, la Scuola Tecnica del Castello diventa sede museale assieme a una collezione di libri. Vengono anche stabiliti un regolamento e delle figure chiave: Conservatore, Custode e Commissione di patronato. L'attenzione è posta soprattutto sui reperti romani, come il cippo funerario di Caio Valerio Prisco da Jesolo, la lapide di Santa Giustina da Giavenale e le corna di cervo istoriate da Magrè. "La provincia di Vicenza" del 1912 lo definisce un museo modesto ma prezioso.
Sapori della nostra terra
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Sapori della nostra terra
Grazie ad alcuni volumi conservati nella Biblioteca Casanatense, l’autrice riporta ricette e strumenti utilizzati nella produzione di alcuni tipici piatti veneti. Presenta i metodi nel corso del tempo più utilizzati nella produzione e nella conservazione di carne, pesce e di dolci per poi focalizzarsi sull’influenza della cucina orientale su quella veneta.
Eufemismo, donne e bambini a Valli del Pasubio. Alcune annotazioni
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Eufemismo, donne e bambini a Valli del Pasubio. Alcune annotazioni
L’eufemismo è una spia linguistica che, opportunamente rilevata, consente di osservare la correlazione tra lingua e società, attraverso le varianti linguistiche che si generano in funzione di diverse variabili sociali e demografiche. A partire dal saggio di Nora Galli de’ Paratesi, del 1964, che per primo e unico delinea il fenomeno, vengono illustrati gli esiti di un’indagine condotta nel 2011, grazie ad un questionario di 124 domande somministrato ad un campione di 30 donne, di tre fasce di età - giovani, adulte e anziane - nel Comune di Valli del Pasubio. L’indagine affronta i quattro principali ambiti di interdizione nei quali si esercita la censura sociale: sessuale, di decenza, magico religioso e sociale. Una parte specifica è inoltre riservata all’analisi del dialogo con i bambini, dove scompaiono le diversità tra classi di età e, indistintamente, tutte le parlanti adottano un ricco uso di eufemismi, in particolare negli ambiti di interdizione sessuale e di decenza. In appendice si riporta per esteso il questionario adottato nella ricerca, con i quesiti sottoposti alle donne intervistate.
La rivolta di Malo del 27 dicembre 1552. Cronaca e storiografia del più noto tumulto anticittadino del Cinquecento veneto
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La rivolta di Malo del 27 dicembre 1552. Cronaca e storiografia del più noto tumulto anticittadino del Cinquecento veneto
Nel saggio viene raccontata la rivolta di Malo del 27 Dicembre 1552, ad oggi la più nota rivolta di una comunità nella Repubblica Veneta nel Cinquecento. Vengono messi in luce, in particolare, i due caratteri della società di allora: l'ingiustizia e la violenza, che nella vicenda specifica si combinano, dando origine alla ribellione.I protagonisti della vicenda sono: Marco Cavazzolo, Francesco Cavazzolo, Antonio Losco (i tre conti uccisi nella rivolta);Battista Cignan da Brescia, un bandito, ucciso nella rivolta;Bartolamio Cadin con i figli Alessandro e Giorio, commercianti della comunità, e i puaréti (coloro che subiscono le violenze) e le puaréte (le donne). Dalla ricostruzione storica la rivolta non scaturisce, come era accaduto in precedenza, da morbosi desideri causati dalla volontà di conquistare le ragazze o dalla pessima tendenza a violentarle, ma piuttosto dalla rottura dei delicati equilibri sociali con una delle famiglie piú in vista del paese, con la conseguenza dell’uccisione dei Cavazzoli. Dopo la trattazione dell'evento, viene ripercorsa la storiografia seguita al primo contributo sull’argomento del prof. Claudio Povolo, dell'Università di Venezia, apparso nel 1981;infine si presenta una piccola appendice documentaria sulla descrizione della rivolta da parte di un contemporaneo.
8 marzo 1768. Insurrezione popolare a Marano Vicentino?
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8 marzo 1768. Insurrezione popolare a Marano Vicentino?
Nel 1768, il Comune di Marano Vicentino, in forte crescita demografica, è sede di conflitti per l’acquisizione in affitto dei terreni di proprietà dei nobili, in particolare dei i Conti Capra. La “rosta” che correva lungo Via delle Pietre, costruita due anni prima, diventa la causa scatenante di una accesa disputa tra il Conte Vincenzo Enrico Capra e Giacomo Rana, governatore del Comune, che orchestra una sollevazione popolare. Il saggio ricostruisce i fatti, i risvolti giudiziari e i retroscena della singolare vicenda storica.
Guido Fusinato (1860-1914), "una vittima della Grande Guerra"?
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Guido Fusinato (1860-1914), "una vittima della Grande Guerra"?
Lo studio traccia il profilo di Guido Fusinato (1860-1914), figlio secondogenito di Arnaldo, noto poeta e patriota risorgimentale scledense. Laureatosi brillantemente, appena ventenne, in giurisprudenza e dopo un periodo di perfezionamento in Germania, abbraccia la carriera universitaria come docente presso le università di Macerata, Torino, pubblicando inoltre numerosi scritti giuridici. Il 1892 vede l’inizio del suo impegno politico, con l’elezione alla Camera dei Deputati. Diviene poi, nel 1899, sottosegretario agli Affari esteri, affrontando numerose questioni che coinvolgono il Paese sul fronte europeo e mediterraneo;é poi Ministro dell’Istruzione Pubblica nel terzo governo Giolitti, carica da cui deve dimettersi tuttavia dopo un breve periodo, a causa di frequenti episodi di “neurastenia”. L’aggravarsi delle sue condizioni di salute, e probabilmente l’angosciante serie di eventi che scatenano il Primo conflitto Mondiale, sono alla base del suicidio che tragicamente pone fine alla sua vita, nel 1914.
Alberi da frutto e cereali a Valli del Pasubio ed Enna nel passato
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Alberi da frutto e cereali a Valli del Pasubio ed Enna nel passato
Gli alberi da frutto e i cereali hanno da sempre una grande importanza nelle località di Valli del Pasubio ed Enna. Fin da prima della Seconda Guerra Mondiale e anche successivamente, la produzione e la vendita degli alberi di castagno, ma non solo, rappresentavano una risorsa economica essenziale. Nel 1955 venne fondata la Cooperativa Unione Produttori Cantili, che ben presto vide crescere i suoi soci. Il saggio, grazie agli Atti Preparatori al Catasto Austriaco datati 1826, ci illustra la situazione socio-economica dei contadini e le tecniche utilizzate nei campi. Proseguendo con la lettura si evidenzia l’importanza della toponomastica, che permette di ricostruire le situazioni ambientali e paesaggistiche della Val Leogra. L’agricoltura quindi, era e rimarrà sempre parte fondamentale della società e delle tradizioni di queste località.
Il Giardino Botanico Alpino San Marco a Valli del Pasubio
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Il Giardino Botanico Alpino San Marco a Valli del Pasubio
Il contributo presenta il Giardino Botanico Alpino San Marco situato a Valli del Pasubio nei pressi del passo Pian delle Fugazze. Il giardino botanico si trova in una faggeta naturale e conserva una vasta gamma di specie vegetali alpine. Dopo una nota di carattere storico, vengono esaminate varie aree del giardino, tra cui prati, zone umide e una torbiera artificiale. Il testo evidenzia l'importanza della raccolta di semi e della conservazione delle piante native, nonché la gestione del giardino e l’organizzazione di attività didattiche. Viene anche menzionato l'habitat unico delle zone umide e la sua importanza per la fauna locale. Inoltre, si sottolinea l'importanza di creare ambienti specifici per favorire la crescita di specie di piante “esigenti” dal punto di vista ecologico.
La località Bivio e Piovene. Marcite, soldati e il rito contadino della "Chiamata di Marzo"
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La località Bivio e Piovene. Marcite, soldati e il rito contadino della "Chiamata di Marzo"
La località "Bivio" di Piovene Rocchette, alla confluenza delle strade provenienti da Schio e Thiene, fu testimone di antiche vicende e ancestrali riti rurali. La vicina Fontana della Guarda, in Contrà della Mare, attestata fin dal 1606, determinò con i suoi scoli la natura acquitrinosa della zona sottostante, il "Prà della Mare" di proprietà di Giulio Bonifacio. Nel Seicento fu la sede delle esercitazioni della Milizia Territoriale della Serenissima, che la comunità piovenese sosteneva con 140 soldati di età compresa tra 18 e 34 anni. Sull'altura soprastante, il "Prà del Posso", si teneva il rito propiziatorio rurale della "chiamata di marzo" riferita in particolare dal piovenese Egidio Mozzi a fine Ottocento e perpetuatasi fino alla Prima Guerra Mondiale, allorquando la zona del Bivio fu occupata da baraccamenti militari. Incerta, per altro, è l'origine etimologica del termine "Mare" che taluni in passato hanno ricollegato alle pratiche militari (da “Campo di Marte”), ma che probabilmente, secondo più recenti orientamenti, deriverebbe invece dalla natura acquitrinosa del luogo (da "marcita"). Lo studio si conclude con uno sguardo attuale ai luoghi citati, profondamente mutati rispetto al passato, nei quali campeggia il monumento alla prima automobile immatricolata in Italia nel 1893, da Gaetano Rossi, figlio del più celebre Alessandro.
La progettata ferrovia Schio-Malo. Un cinquantennio di inutili tentativi
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La progettata ferrovia Schio-Malo. Un cinquantennio di inutili tentativi
Questo articolo ripercorre gli inutili tentativi da parte dei comuni dell’Alto Vicentino, soprattutto Malo e Schio, di costruire una ferrovia di collegamento. Nella prima parte, viene descritto il primo e respinto progetto degli ingegneri Luigi Casara e Giovanni Battista Saccardo, illustrando le relative spese da parte delle singole amministrazioni e della provincia insieme alle modifiche necessarie del territorio. Dopo un breve accenno all’idea di Olinto De Pretto per la linea Venezia-Brennero che avrebbe incluso questo tratto, viene esposto il nuovo progetto di Giovanni Letter che prevedeva che il percorso passasse per Magrè e non Liviera (anche questo respinto). E’ presentato, infine, il progetto di Filippo Zanetti per la tratta Vicenza-Schio-Rovereto. A causa, però, di una profonda modifica della legislazione sulle ferrovie e tramvie venne abbandonata ogni speranza.
Il monte Pasubio, la Strada delle 52 gallerie e l'Ecomuseo della Grande Guerra
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Il monte Pasubio, la Strada delle 52 gallerie e l'Ecomuseo della Grande Guerra
Nell’articolo viene descritto il massiccio del Pasubio a partire dall’etimologia e dalla sua struttura e posizione. Si tratteggia inoltre l’importanza che ha rivestito nella Grande Guerra, soffermandosi in particolare sugli eventi avvenuti sul massiccio stesso. Vengono inoltre descritte la costruzione, la struttura e lo scopo della Strada delle 52 Gallerie, opera della 33’ Compagnia Minatori del V Reggimento Genio. Viene in seguito presentato l’Ecomuseo della Grande Guerra delle Prealpi Vicentine, la sua istituzione e i lavori svolti per realizzarlo. Viene dunque esposto il progetto di recupero e valorizzazione della Strada delle 52 Gallerie tramite il progetto del nuovo ingresso monumentale. Si illustra poi il restauro del Museo della Prima Armata, realizzato nell’ex residenza estiva del Vescovo di Vicenza, e dotato di una sala multimediale.
Alessandro Rossi e il controllo dei media nell'Ottocento. Il caso de "Il Tempo" di Venezia
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Alessandro Rossi e il controllo dei media nell'Ottocento. Il caso de "Il Tempo" di Venezia
Nella seconda metà dell’Ottocento, Alessandro Rossi, imprenditore, politico e giornalista fu il principale riferimento del ceto dirigente italiano e un chiaro esempio di management della comunicazione. Tra le diverse testate giornalistiche del tempo da lui finanziate, emblematico è il caso de “Il Tempo” di Venezia, scelto da Rossi per la propensione verso i temi del lavoro e dell’economia. Il saggio, attraverso documenti originali, ne ripercorre la vicenda editoriale ponendo in luce l’influenza esercitata dalla figura dell’industriale scledense, attraverso anche le relazioni epistolari con il direttore Roberto Galli. La gestione editoriale e finanziaria del quotidiano veneziano è caso emblematico del sistema attraverso il quale Rossi influenzava l’attività e le opinioni dei giornali da lui finanziati.
Alla scoperta di alcune piante officinali della nostra montagna: girovagando nei pascoli di Malga Prà e dintorni nel Comune di Valli del Pasubio
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Alla scoperta di alcune piante officinali della nostra montagna: girovagando nei pascoli di Malga Prà e dintorni nel Comune di Valli del Pasubio
Le piante sono state usate per secoli a scopo terapeutico per lenire il dolore e curare le malattie sia dell’uomo che degli animali e di ciò vengono riportate, cronologicamente, le testimonianze raccolte nell’area esaminata. Vengono poi esposte le informazioni specifiche, le proprietà e l’utilizzo attuale di Achillea, Alchemilla, Betulla, Chelidonia (nello specifico si tratta della Chelidonia maggiore), Edera, Equiseto (o coda cavallina), Fragola, Ginepro, Iperico, Nocciolo, Ononide, Ortica, Piantaggine, Pino Silvestre, Rovo, Sambuco e Tarassaco.
Sui registri civili della parrocchia di S. Maria Annunziata di Marano Vicentino nel sec. XIX
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Sui registri civili della parrocchia di S. Maria Annunziata di Marano Vicentino nel sec. XIX
In questo articolo Alberto Graziani espone il suo lavoro di salvaguardia dei registri civili parrocchiali presenti a Marano. Sostiene infatti la necessità di rendere digitali tutte queste raccolte di dati riguardanti nati, matrimoni, morti, per non perderne le importanti informazioni. L’autore ritiene che i documenti parrocchiali trasmettano dati di vitale importanza per quanto riguarda la storia di Marano e che quindi salvarli sia un dovere da parte della comunità;si impegna anche a spiegare come si realizzi questa operazione di digitalizzazione e racconta del lavoro condotto in collaborazione con l’associazione ARSAS e altri volontari.
Leggende, racconti e miti tra la Val Leogra e la Valle dell'Agno
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Leggende, racconti e miti tra la Val Leogra e la Valle dell'Agno
Vengono descritti alcuni miti e leggende riferiti a luoghi specifici, in particolare: presso monte Palazzo a San Tomio, la grotta del Becco d’Oro, un ariete, riconducibile al dio dei morti Plutone e quindi luogo di pratiche funerarie. In realtà la grotta era luogo di riparo e sorgente idrica. La Masiera del Diavolo, lungo una mulattiera di Faedo, lungo la quale grazie a una cavità nella roccia, il vento produce suoni da sempre considerati paurosi;la leggenda della frana del monte Stommita che, nel 1700, distrusse una contrada per punizione;le Peche della Madonna , in realtà roccia erosa, comparse a Priabona dopo che la Madonna apparve a un penitente, Orso, in cammino. Lei gli indicò il Summano e lui proseguì la strada arrivando ai piedi del monte, piantò il suo bastone e morì. Il bastone poi germogliò e Santorso, divenne meta di pellegrinaggi.
Brevi Note sulla Geomorfologia della Val Leogra
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Brevi Note sulla Geomorfologia della Val Leogra
Viene posta l’attenzione sulla conformazione geomorfologici del territorio e sulla particolari caratteristiche erosive delle rocce presenti. Presso Schio si incrociano infatti due importanti dislocazioni della crosta: il margine delle Prealpi venete orientali, dal Friuli occidentale fino al Vicentino, è bruscamente interrotto da una faglia; la Val Leogra e i suoi immediati dintorni sono interessati al troncone piú occidentale di questa grande struttura, detta Linea Marana-Piovene. La Linea Schio - Vicenza è la faglia principale del Fascio Scledense, faglie parallele tra loro. Delimita l'allineamento di colline che emergono dalla pianura tra Vicenza e Schio, passando per Malo, S. Vito e Magrè. La Val Leogra è divisa in quattro settori: la Val Leogra propriamente detta e il Pasubio, il Novegno e il Summano, le colline lessinee, la pianura; queste hanno unità geomorfologiche ben distinte.
Gli alpini del Val Leogra tra i "monti di casa" nella Grande Guerra
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Gli alpini del Val Leogra tra i "monti di casa" nella Grande Guerra
Nel corso della Prima Guerra Mondiale (1915-1918) ha operato in Valleogra l'omonimo Battaglione Alpini, composto in gran parte da vicentini, conoscitori del territorio interessato dal conflitto. Il saggio, attraverso documenti, diari e scritti dei protagonisti, ricostruisce le azioni e le vicende del reparto alpino: l'occupazione del Monte Pasubio, le azioni in Val di Terragnolo, il ripiegamento in Val Posina nel 1916 sotto la spinta austriaca della Stafexpedition e, infine, l'avanzata in Vallarsa.
Ricerche archeologiche tra scienza, avventura e fantasia
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Ricerche archeologiche tra scienza, avventura e fantasia
In questo articolo Renato Gasparella illustra le sue scoperte archeologiche nell’Alto Vicentino andando in ordine cronologico, a partire dal 1953, anno del suo primo ritrovamento. L’autore racconta la sua ricerca di reperti preistorici, paleoveneti e di epoca romana, accompagnandola con storie e curiosità; visita molti luoghi dell’Alto Vicentino, dal Buso della Rana alla Cava Maddalena, passando spesso per i territori di Malo e Monte di Malo. I reperti sono di epoche storiche diverse, molti dei quali, come mazze, macinelli e punte di frecce appartengono all’epoca preistorica, altre come mattoni e pettini appartengono all’epoca romana. Tutte queste scoperte sono illustrate tramite dei racconti scritti in prima persona, divisi tra di loro in sottoarticoli, uno per ogni ritrovamento fatto.
L'assetto geologico del bacino del Tretto
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L'assetto geologico del bacino del Tretto
L’articolo, suddiviso in quattro paragrafi, parla delle particolarità geologiche dell’area del Tretto di Schio. Il primo paragrafo introduce la zona del Tretto a livello idrografico. Il secondo paragrafo, invece, esplora la composizione tettonica locale, specialmente riguardo le varie faglie e flessure che vi si trovano. Il terzo paragrafo elenca, nel dettaglio, diciotto diversi tipi di strati che si possono trovare nel sottosuolo dell’area, specificando per ognuno il periodo di formazione stimato, la composizione ed eventuali informazioni geologiche e paleontologiche. Il quarto paragrafo contiene le considerazioni finali sulla situazione geologica del luogo e una menzione dello studio condotto fra il 1997 e il 1999 sulla composizione del terreno locale.
Da Ascoli alla Val Posina. La Guerra del fante Settimo Damiani.
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Da Ascoli alla Val Posina. La Guerra del fante Settimo Damiani.
Settimo Damiani, classe 1890, narra nel suo diario le vicende belliche del primo conflitto mondiale, vissute in prima persona. Originario di Acquaviva Picena, poi emigrato negli Stati Uniti, rientra in Italia allo scoppio della guerra e si arruola come fante, nella Brigata “Roma”. è dapprima sul fronte caldo della Strafexpedition, sul Monte Maio, poi, dopo una convalescenza tra gli ospedali militari di Schio e Vicenza, torna al fronte in Valsugana, con la Brigata “Siena”. Finisce poi a Caporetto dove viene fatto prigioniero dagli Austriaci e rinchiuso in un lager, da cui esce, dopo un duro periodo, solo a fine conflitto. I suoi scritti offrono uno spaccato realistico e a volte crudo della guerra, vista dalle truppe, senza l’enfasi della propaganda ufficiale. Damiani verrà congedato nell’agosto del 1919 e dopo essersi sposato nel natio paese marchigiano, torna nell’Illinois, dove ancor oggi vive la sua famiglia.
Il "Caseificio Sociale Centro" di Torrebelvicino
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Il "Caseificio Sociale Centro" di Torrebelvicino
Nei primi anni del XX secolo, più precisamente il 2 settembre 1903, nasce il “Caseificio Sociale in Torrebelvicino”, uno dei primi caseifici che rappresentava una vera e propria cooperativa ben strutturata, punto di riferimento per gli allevatori. Con lo sviluppo industriale e urbanistico il settore primario iniziò a fermarsi, e anche il Caseificio ne risentì;oggi i soci allevatori sono pochi, ma mantengono la tradizione e l’artigianalità dei prodotti caseari. La lavorazione del latte e dei formaggi rimane una tradizione genuina, che conserva i valori di un tempo, ed è proprio questo l'obiettivo del saggio, spiegare come avviene la lavorazione del latte, dal caglio all’utilizzo dello “spino”, fino al raggiungimento del formaggio più stagionato.
I dipinti nei presbiteri delle chiese della Val Leogra
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I dipinti nei presbiteri delle chiese della Val Leogra
I presbitéri delle Chiese della Valleogra, spazi meno familiari e frequentati dai fedeli, sono custodi di opere pittoriche spesso poco conosciute. Commissionate dalla comunità locali specialmente nel corso dell’Ottocento e del Novecento, sono puntualmente censiti e documentati, nello studio, i dipinti di dodici edifici sacri: il Duomo di San Pietro a Schio, le chiese di San Giuseppe a Monte di Malo, dei SS. Leonzio e Carpoforo di Magré, dei Santi Filippo e Giacomo di Monte Magré, di Santa Maria di Loreto di Piane di Schio, di Santa Caterina del Tretto, di Santa Maria di Pievebelvicino, di San Lorenzo di Torrebelvicino, di San Giovanni Battista di Enna, di Santa Maria Madre di Dio di Valli del Pasubio, di Sant’Antonio a Sant’Antonio del Pasubio e di Santa Trinità di Staro. Oltre all’immagine, per ciascuna opera vengono riportate il soggetto, le dimensioni, l’autore, una breve descrizione.
Terre e paesaggi lontani... nel tempo a Monte di Malo
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Terre e paesaggi lontani... nel tempo a Monte di Malo
Nell’articolo si descrive la meraviglia e la complessità dell'evoluzione della Terra e delle sue trasformazioni nel corso del tempo. L'autore passa in rassegna varie scoperte paleontologiche e ci guida attraverso i diversi strati del tempo, dalle glaciazioni alle epoche più calde. È affascinante come la narrazione immaginaria si intrecci con i reperti reali e le scoperte effettuate nella zona di Monte di Malo e dintorni, in modo da offrire un'immagine vivida del passato. La scienza paleontologica è davvero affascinante nel modo in cui ci aiuta a scoprire il nostro mondo preistorico.
San Vito di Leguzzano ai tempi del Risorgimento
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San Vito di Leguzzano ai tempi del Risorgimento
Nel periodo successivo alla caduta delle Repubblica di Venezia, nel 1797, San Vito di Leguzzano visse l’alternanza di potere tra Francesi e Austriaci, che infine prevalsero, a partire dal 1815, con la costituzione del Regno Lombardo Veneto. Si susseguirono una serie di eventi significativi, che portarono anche a nuove aggregazioni comunali, con la conseguente perdita dell’autonomia. Il saggio ricostruisce alcuni eventi significativi per la comunità sanvitese dell’epoca: l’unione di San Vito con Leguzzano, la successiva perdita dell’autonomia conseguente all’unificazione con Malo, il ritorno all’autonomia nel 1815, l’istituzione del catasto e dell’anagrafe comunale che permise di registrare le dinamiche demografiche della popolazione, spesso condizionate da carestie, carenze alimentari, epidemie e precarie condizioni igieniche. Gli abitanti erano dediti all’agricoltura, alla lavorazione del legno, della lana e della seta. Alcuni episodi segnarono il periodo a cavallo del 1848, come le azioni di protesta per la destituzione del medico condotto Bartolomei Barbieri, la tromba d’aria del 1832, la caduta del tetto della Chiesa parrocchiale con la morte di 12 persone, l’abolizione dell’antica servitù del pascolo e del pensionatico. Col passaggio al Regno d’Italia, il 30 dicembre 1866, si tennero le prime elezioni comunali.
Da Monte di Malo a Monte di Magrè. Le radici di un vino: il Durello, storia e cultura
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Da Monte di Malo a Monte di Magrè. Le radici di un vino: il Durello, storia e cultura
L’articolo viene introdotto con una descrizione del vino Durello, di spiccata acidità e dal gusto asprigno. Si esaminano successivamente gli aspetti generali come le tipologie dei vigneti, i metodi di coltivazione e le caratteristiche dei territori a cavallo tra le province di Vicenza e Verona, per poi passare alla storia dell’uva Durella, bacca bianca coltivata nelle colline dei monti Lessini. La Durella è un’uva autoctona ed è presente ancora ai giorni nostri grazie alla sua straordinaria resistenza alle malattie.La Durella è una delle viti più antiche coltivate in queste zone, con un punto di sviluppo nel 1998, quando venne rifondato un nuovo disciplinare. Nella conclusione dell’articolo vengono proposti alcuni abbinamenti culinari con il vino Durello, nelle sue molteplici varietà, visto che esso trova grande spazio nella gastronomia veneta come aperitivo o anche come accompagnamento per piatti più elaborati.
Fra Santorso e Recanati. L'abate G. B. Dalla Vecchia bibliotecario in casa Leopardi.
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Fra Santorso e Recanati. L'abate G. B. Dalla Vecchia bibliotecario in casa Leopardi.
L’abate Giovanni Battista Dalla Vecchia (1831-1903), santorsiano di nascita, ma con radici per parte paterna a San Rocco (al tempo comune autonomo), viene ordinato sacerdote il 23 dicembre del 1854. Dopo alcuni anni di apostolato a Montecchio Precalcino (VI), verso la fin del 1863 è chiamato come istitutore nella famiglia Leopardi, a Recanati. Fino alla fine del 1868, l’abate Dalla Vecchia è aio del conte Luigi, ma anche amministratore e bibliotecario. Cesserà dall’incarico dopo pochi mesi dalla morte della contessa Paolina Leopardi, sorella di Giacomo, il grande poeta. Il saggio, cui hanno contribuito gli scritti di Umberto Dalla Vecchia (1866-1908) - nipote di Giovanni Battista - ed Alessandro Panajia, indaga i caratteri e i rapporti familiari di casa Leopardi e il ruolo dell’abate nella vicenda della diaspora degli scritti autografi del poeta Giacomo, di cui viene formulata una prima ricostruzione. La personalità di Dalla Vecchia emerge dagli scritti della contessa Teresa Teja, cognata di Leopardi, con cui intrattiene un lungo rapporto e dalla quale riceve l’incarico di collaborare a stendere le “memorie leopardiane”, le “Notes biographiques sur Leopardi et sa famille”, edite a Parigi nel 1881. Lo studio prosegue con un inedito carteggio tra Alessandro Rossi e la contessa Teresa, che fu sua ospite a Santorso, e con le informazioni sugli ultimi anni di vita dell’abate, nel frattempo divenuto parroco “ad interim” di S. Maria di Loreto alle Piane, desunte dal suo “Giornale”. In conclusione, brevi note sulla figura di Umberto Dalla Vecchia, destinatario di alcuni autografi leopardiani e due appendici finali dedicate ad oggetti di Giacomo Leopardi, ricevuti dall’abate, e a tre lettere della contessa Paolina al di lui nipote “Pietruccio”, Pietro Paolo Dalla Vecchia (1856-1940).
Pieve e Torrebelvicino nella Grande Guerra
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Pieve e Torrebelvicino nella Grande Guerra
L’articolo narra la situazione sociale ed economica di Torrebelvicino e Pievebelvicino allo scoppio della Prima guerra mondiale, quindi l’inizio del conflitto e le conseguenze delle battaglie sul Novegno e Pasubio. Vengono quindi illustrate le conseguenze sulla popolazione civile relativamente alla vicinanza con il fronte, alla presenza e all’alloggiamento dei soldati, alla difficile e precaria situazione economica. L’articolo si chiude con i nomi dei cittadini decorati e con un elenco delle modifiche viarie eredità delle esigenze militari.
Il museo alla ricerca della propria identità. Il caso di SantorsoArcheologica
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Il museo alla ricerca della propria identità. Il caso di SantorsoArcheologica
Santorso, comune in provincia di Vicenza, è noto come località archeologica in quanto, a partire dal ‘900, sono stati rinvenuti numerosi resti e materiali databili all’età neolitica, all’età del Bronzo, del Ferro e infine all’epoca romana. Con l'intento di conservare e valorizzare quanto ritrovato, nel 1977 il Consiglio Comunale deliberò l'istituzione di un Museo Civico Archeologico, che venne inaugurato nel 1995. Quest’ultimo è ora inserito nel pacchetto di offerta turistico-didattica SantorsoArcheologica, comprendente anche la Grotta di Bocca Lorenza e la Mostra Archeologica Didattica. Nato innanzitutto con l'intento di ricordare un pezzo di storia, il Museo Civico Archeologico vuole anche far riflettere ognuno sulla formazione della propria identità, sia in riferimento al singolo individuo che alla comunità. Inoltre esso può benissimo essere considerato un laboratorio di educazione e sensibilizzazione alle realtà archeologiche presenti nel territorio, ed è perciò capace di trasmettere e infondere conoscenza e consapevolezza. La proposta SantorsoArcheologica è dunque caratterizzata da una stretta connessione fra il museo come istituto ed il territorio inteso come "museo-diffuso", che può essere goduto e conosciuto proprio perché è uno strumento idoneo di interpretazione e comunicazione dei propri valori.
Libri perduti. L'inventario dei volumi della biblioteca cappuccina di Schio a inizio Seicento
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Libri perduti. L'inventario dei volumi della biblioteca cappuccina di Schio a inizio Seicento
L’Interdetto di Papa Paolo V del 1606, con il conseguente decreto di espulsione dello Stato veneto a carico degli ordini religiosi fedeli a Roma, costrinse i frati cappuccini di Schio a lasciare il proprio convento. I religiosi disposero quindi, tramite il notaio Andrea Corneati di Schio, la redazione dell’inventario “delle Robbe, paramenti di detta sacristia, e convento”, ivi compreso quello della biblioteca, che constava al tempo di circa 400 volumi. I volumi erano custoditi in un nuovo locale costruito a seguito di un ampliamento del cenobio, realizzato ai primi del Seicento. L’inventario del notaio Corneati, che nel saggio viene riportato integralmente, censì i titoli di 222 testi, mentre per altri centoquindici “pezzi piccoli” riportò unicamente la consistenza numerica. Gli argomenti maggiormente ricorrenti, oltre alle sacre scritture, erano di natura religiosa, esegetica, storica, filosofica. Vi comparivano inoltre volumi appartenenti alla letteratura francescana, sia in lingua latina che in volgare, sillogi di prediche e sermoni, ma anche testi classici – non in linea con i dettami dell’ordine – e infine alcuni titoli in odore di eresia o appartenenti ad autori vicini alla Riforma. Una tabella riassuntiva finale riconduce le indicazioni, a volte sommarie, dell’inventario a più precisi riferimenti bibliografici.
Lungo il Rio delle Pietre. Appunti e ipotesi sulla storia di Marano Vicentino dalla origini al Medioevo
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Lungo il Rio delle Pietre. Appunti e ipotesi sulla storia di Marano Vicentino dalla origini al Medioevo
Il nome Marano, di origine latina, nasce dopo la liberazione dai Cimbri condotta dal console Mario. Il paese ha una posizione strategica sia dal punto di vista commerciale che da un punto di vista difensivo. L'edilizia in epoca romana è stata favorita dalla ricchezza dovuta agli scambi commerciali ed alla presenza di terreni argillosi sfruttati per la fabbricazione di mattoni e laterizi. Dal V secolo d.C. inizia un periodo di decadenza e abbandono delle campagne dovuto a una serie di eventi che danneggiarono il tessuto produttivo tra cui le invasioni barbariche. A conclusione, si ripercorre la storia dei nobili di Marano e di altre famiglie rilevanti dall’anno 1000.
La caccia ai lupi in un sonagietto pavan dello scledense Tuogno Zambon
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La caccia ai lupi in un sonagietto pavan dello scledense Tuogno Zambon
Per contrastare l’eccessiva presenza nel vicentino, la Città di Vicenza, nel 1586, estese a tutto il territorio una taglia sui lupi di 8 ducati, aumentata a 9 nel caso di “luppa grande”. Ma i problemi permasero, tanto che si generò una ricca casistica di cognomi e toponimi, pervenuta fino ai nostri giorni, ricollegabile al grave fenomeno. Una testimonianza significativa è anche costituita dalla poesia “La caza dei luvi ravàsi” dello scledense Tuogno Zambon, scritta nella lingua “pavana” di Ruzante, compresa nella raccolta di 106 componimenti delle “Rime alla rustega” edite in due edizioni a Padova, nel 1625 e nel 1631. Strutturato in forma di sonetto, il testo, che viene riportato integralmente con traduzione in italiano a seguire, narra la battuta di caccia a una coppia di lupi avvistati sui pendii di Castelaro e la Guizza, a Schio e del successivo lungo inseguimento. Continua poi con la cattura e l’uccisione dei due animali, mentre la seconda parte della composizione è dedicata all’opera rustica di imbalsamazione e alla trionfale processione attraverso terre e ville del vicentino per raccogliere elogi ed attestati di gratitudine in natura. L’epilogo è un trionfo mangereccio oltre ogni immaginazione degno di Cuccagna, mitico paese ben dipinto nelle stampe bassanesi di Remondini.
Usi della terra nell'antichità nel bacino idrografico Leogra Timonchio ed intorno all'abitato protostorico di Santorso. Considerazioni e spunti di riflessione
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Usi della terra nell'antichità nel bacino idrografico Leogra Timonchio ed intorno all'abitato protostorico di Santorso. Considerazioni e spunti di riflessione
Il territorio, presso i torrenti Leogra, Livergon e Timonchio, ricco di risorse naturali, è stato abitato fin dall’antichità. Tale territorio venne sfruttato attraverso coltivazioni, allevamento, utilizzo delle foreste e dei filoni metalliferi, come testimoniato dal ritrovamento di macine e vomeri per la lavorazione dei cereali; studi hanno rilevato la pratica della rotazione delle colture. L'allevamento era molto sviluppato: sono stati ritrovati resti di bovini, suini, ovicapri e cani; poche le tracce della presenza di cavalli. Dal punto di vista naturalistico si rileva che nell'antichità la roverella e il rovere erano particolarmente diffuse a quote collinari basse, mentre a quote piú alte, erano presenti il faggio e l'abete bianco. Il patrimonio archeologico riguardante lo sfruttamento delle risorse forestali si compone per lo più di asce, utilizzate per il taglio del bosco. Scoperte più recenti mostrano che la zona forestale veniva utilizzata anche per scopi civili e bellici.. Si hanno parecchie testimonianze di attività metallurgica: ferro, rame, piombo, argento e zinco, venivano estratti e successivamente lavorati e raffinati.
Acquedotto e Pozzi in Giavenale di Schio
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Acquedotto e Pozzi in Giavenale di Schio
Nel luglio del 1908 si parla per la prima volta di un progetto di prolungamento dell’acquedotto di Schio fino a Giavenale per esigenze domestiche e agricole degli abitanti;all’inaugurazione, nell’agosto del 1909, esso distribuiva acqua già a dodici fontane a servizio del paese. Nei confini dell’antica curazia di Giavenale, inoltre, possiamo trovare dodici pozzi antichi costruiti prima della Seconda guerra mondiale e altri due, scavati attorno agli anni Cinquanta, che differiscono dai precedenti solo per materiale e sistema di costruzione;purtroppo soltanto quattro di questi pozzi sono sopravvissuti fino ai giorni nostri.
Ritrovamento di armi antiche nel territorio del Leogra Timonchio e oltre: spunti di riflessione
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Ritrovamento di armi antiche nel territorio del Leogra Timonchio e oltre: spunti di riflessione
Il rinvenimento avvenuto a più riprese di armi antiche e di manufatti recanti loro rappresentazioni, nel territorio dell’alto vicentino e in particolare del bacino del Leogra Timonchio, offre lo spunto per condurre un’indagine sul significato delle armi nel mondo antico. Il ritrovamento di tre asce a Santorso, nella grotta di Bocca Lorenza, appartenenti al periodo eneolitico (III millennio a. C.) ma ampiamente in uso fino al I millennio a.C., offre lo spunto per approfondire il valore simbolico delle armi nel mondo greco e romano. La Spada Tarquinia, rinvenuta nel Torrente Astico a Montecchio Precalcino, risalente al IX-VIII secolo a. C., probabilmente abbandonata, induce all’analisi del significato dell’abbandono delle armi nel mondo greco e latino. Le lamine votive del santuario preromano e romano di Piazzetta San Giacomo di Vicenza, appartenenti a tre distinte fasi tra il 450 e il 50 a.C. consentono una lettura evolutiva delle armi romane, in particolare dell’elmo, dello scudo e della lancia e dell’armatura. La lettura viene completata con una ricognizione lessicale ed un’analisi etimologica del vocabolario militare, che in parte palesa origini agresti. Lo studio prosegue con alcune valutazioni sul rinvenimento, nel 2006, del Marte argenteo di Monte Summano e ad una sua rilettura alla luce del disco bronzeo, rinvenuto a Marostica nel 2003, rappresentante figure militari maschili. La sezione conclusiva del lavoro propone una riflessione sul significato e sul valore di guerra e pace nel mondo antico.
Da Malo a Valli del Pasubio passando per la "porta della Val Leogra". Una cultura e una identità comuni da valorizzare
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Da Malo a Valli del Pasubio passando per la "porta della Val Leogra". Una cultura e una identità comuni da valorizzare
In questo articolo Ivana De Toni spiega al lettore l’importanza della creazione della “Porta della Val Leogra” , ovvero di un centro per l’interpretazione e per il coordinamento di iniziative della comunità locale. Ripercorrendo la storia dei progetti di valorizzazione del territorio della Val Leogra l’autrice riesce ad illustrare la rilevanza che avrebbe la concretizzazione della “Porta”: attraverso questa infatti si promuoverebbero i beni culturali, paesaggistici, i numerosi musei riguardanti la storia delle nostre valli, i sentieri di montagna che attraggono molti turisti e infine la ricchezza gastronomica che questi luoghi possiedono. Oltre a tutto ciò si aiuterebbero anche i cittadini ad avere una migliore percezione del territorio e dell’identità culturale.
Le acque minerali di Staro (Valli del Pasubio) e la loro parziale valorizzazione
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Le acque minerali di Staro (Valli del Pasubio) e la loro parziale valorizzazione
La zona di Staro, a Valli del Pasubio, nonostante presenti una situazione idrogeologica simile a quella di Recoaro Terme, non ha ricevuto la medesima valorizzazione. La sorgente più antica denominata “Reale” o “Pasubio”, la fonte di Staro per eccellenza, scoperta nel 1819, fu oggetto di studi già nel 1821 da parte del chimico Melandri, Università di Padova
In sasso vivo. La definizione confinaria tra Piovene e Velo del 1642 e lo stato attuale dei termini
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In sasso vivo. La definizione confinaria tra Piovene e Velo del 1642 e lo stato attuale dei termini
Il 5 dicembre 1642, i governatori di Piovene e Velo, con il notaio piovenese Domenico Bernardi e il “taglia pietra” Antonio Gasparini, effettuano la verifica e il posizionamento dei confini tra le due comunità. Vengono scolpiti sulla nuda pietra, con una croce e le iniziali dei territori confinanti: V (Velo) e P (Piovene). A distanza di quasi quattro secoli, dieci dei tredici termini, originariamente descritti nel verbale notarile seicentesco integralmente trascritto nel saggio, sono stati localizzati, documentati e fotografati. Non sono stati rinvenuti il primo termine, posto in località Croce Calvaria, nei pressi di Piazzale Belvedere di Monte Summano, e gli ultimi due: il dodicesimo, scolpito in località “Menadoro della Val de Roncina” e il tredicesimo posto in località “Contra della Pria Bagara” nei pressi dell’attuale strada provinciale Piovene Rocchette – Velo d’Astico. Quest’ultimo fu probabilmente sostituito con un cippo confinario di epoca più recente.
Quattro storie popolari
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Quattro storie popolari
Tre mulini, caratterizzati da ruote enormi, lavoravano grazie al “fontanon”, sorgente di Leguzzano. Il primo faceva girare le macine per produrre farina. Il secondo, più a valle, serviva per forgiare attrezzi agricoli. L’ultimo era quello in cui le donne lavavano i panni. In una contrada in Valleogra viveva un uomo diventato famoso perché raccontava di aver trovato un tesoro prezioso in una grotta sui monti. Ne parlavano i giornali e tutti volevano scoprire il luogo del bottino. I carabinieri lo interrogarono ma lui non riferì mai il posto, con il tempo la fama scemò e la storia rimase solo un racconto. In un paese abitava un prete, Gamba, considerato un santo. Era povero, donava quello che aveva ai bisognosi, la sua tonaca era rattoppata e girava sempre a piedi. Si pensava facesse miracoli. Uscendo, i gamberi d’acqua dolce, dalle tane di notte, la gente li cacciava quando faceva troppo caldo per dormire. Si risaliva il torrente con una lampada a carburo, il raccolto veniva poi cucinato e mangiato.
Grande Guerra: i giornali di trincea e i "giuochi di pazienza"
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Grande Guerra: i giornali di trincea e i "giuochi di pazienza"
Durante la Prima Guerra Mondiale (1914-1918) videro la luce i giornali di trincea, periodici cui contribuirono anche firme illustri come Giuseppe Ungaretti, Curzio Malaparte e Salvator Gotta. Erano stampati e distribuiti alle truppe, a scopo informativo e ricreativo. Tra le rubriche del settimanale L’Astico, che sotto la direzione di Pietro Jahier, vide la pubblicazione di 39 numeri da febbraio a novembre 1918 stampati a Piovene Rocchette, vi erano anche giochi e passatempi di cui si riportano alcuni esempi.
La legislazione statutaria e gli statuti del comune di Schio
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La legislazione statutaria e gli statuti del comune di Schio
Le origini del termine "Comune" sono incerte. A partire dal XII secolo, il termine designa un ordinamento politico-giuridico che caratterizza l'età comunale e proprio in quest'epoca, dall'XI secolo alla crisi del Medioevo, l'Italia settentrionale e centrale sperimentano trasformazioni sociali ed economiche a causa dei fenomeni di forte immigrazione dalla campagna verso la città.Il saggio si sofferma sui principali soggetti della vita comunale, dagli iudices civitatis al vescovo, ai consoli.Quindi si dà ampio spazio alla trattazione del tema degli statuti comunali, in rapporto al diritto comune, distinguendo le varie specie di statuti e descrivendone l’iter di formazione.Il saggio poi si dedica in particolare agli statuti scledensi, precisa le circostanze storiche dell’origine e spiega le figure istituzionali principali, come il decano e il marigo.L’attenzione viene posta anche ai beni comuni, come la guizza e la roggia, che il Comune aveva il compito di tutelare.
"L'Astico. Giornale delle trincee" (Piovene, 14 febbraio - 10 novembre 1918)
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"L'Astico. Giornale delle trincee" (Piovene, 14 febbraio - 10 novembre 1918)
Dal 14 febbraio al 10 novembre 1918, Piovene ospitò la redazione e la stampa del settimanale "l'Astico". Il periodico, fatto da soldati per i soldati al fronte della Prima Guerra Mondiale, era diretto dallo scrittore Pietro Jahier, che si firma con lo pseudonimo di Barba Piero. Il saggio muove dall'intento di far emergere il carattere del giornale, ne esamina il linguaggio e i contenuti che spaziavano dalla vita del fronte, alla storia locale, alla toponomastica. Don Silvio Solero, cappellano del 5° Reggimento artiglieria da campagna, curò la rubrica “Passeggiate in Val D’Astico”, spazio che ospitò storie, racconti, leggende e curiosità di Piovene e dintorni. Con la fine della Guerra, dopo 39 numeri, Jahier pose fine alla pubblicazione.
Religiosità a Schio tra 1837 e 1867
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Religiosità a Schio tra 1837 e 1867
Nel 1866 la parrocchia di San Pietro di Schio, che corrispondeva al territorio comunale, contava 6610 fedeli. Erano presenti 14 sacerdoti, relativamente giovani, un numero rilevante ma in calo rispetto a quarant’anni prima, ed alcune comunità di religiose femminili: le Suore agostiniane, le Suore della carità e le Suore canossiane. La vita religiosa si concentrava attorno al Duomo di San Pietro e alle confraternite che vi facevano capo. In special modo Alessandro Rossi promosse profondi interventi che ne trasformarono l’aspetto. Figura di particolare rilevanza del periodo fu l’arciprete scledense Gaetano Greselin (1802-1874), ricordato per le iniziative pastorali per il suo tratto riservato e prudente che mantenne anche nel caso delle presunte apparizioni mariane a Sant’Ulderico del 1869. Il nome di Greselin è anche collegato alla vicenda della ricostituzione, avvenuta nel 1851, della Collegiata, “collegio” canonicale scledense soppresso da un quarantennio. Nel 1858, il canonico Ascanio Busati (1814-1894) fu nominato dal vescovo di Vicenza Cappellari a presiedere la vacante prebenda, in sostituzione di don Luigi Gramola. Busati, fu al centro di una “querelle” con il Vescovo Farina, per la sua attività predicatoria, in particolare per un sermone quaresimale pronunciato nel 1864 a Genova in cui aveva invocato la benedizione sul Re d’Italia e auspicato l’unità nazionale. Il prelato subì pesanti conseguenze, ma gli eventi del 1866 e l’annessione del Veneto al Regno d’Italia, lo riabilitarono.
Patrioti veneti e trentini contro austriaci: la difesa del Pian delle Fugazze, della Vallarsa e della Val Leogra nel 1848
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Patrioti veneti e trentini contro austriaci: la difesa del Pian delle Fugazze, della Vallarsa e della Val Leogra nel 1848
Il saggio offre un quadro preliminare sulla primavera del 1848, cruciale per l'Europa e l'Italia, percorse da insurrezioni popolari per la libertà e per miglioramenti socio-economici. La partecipazione e la resistenza dei patrioti valleogrini furono alimentate anche da povertà, oppressione fiscale e tensioni sociali, tanto da rendere ben prima del ‘48 la situazione esplosiva, come era noto alla polizia austriaca, che ebbe un ruolo particolarmente repressivo e negativo sulla popolazione.Nella primavera del ‘48 nascono "Comitati" di patrioti, per garantire ordine e difesa, e "Corpi franchi" per la difesa territoriale, composti da persone con scarsa preparazione e armi carenti. Anche a Trento scoppia una sommossa autonomista, con scontri, barricate e richieste di separazione da Vienna, mentre nel Vicentino molti volontari sono impegnati nella battaglia di Sorio-Montebello.Nell'aprile 1848 viene costituito un corpo di guardia al confine Veneto-Trentino al Pian delle Fugazze, permettendo il controllo dell'area senza resistenza austriaca.Spicca per l’attivismo patriottico la figura di don Michele Saccardo, cappellano del Corpo Franco di Schio. Il 25 aprile 1848, nella battaglia del Pian delle Fugazze, Arnaldo Fusinato guida i “Crociati” contro gli Austriaci, ottenendo la vittoria ma con perdite significative per entrambi gli schieramenti . Per il venir meno degli aiuti la situazione si deteriora portando alla crisi nel comando, Fusinato lascia, mentre gli austriaci cercano di infiltrarsi nelle valli circostanti. L'intervento veneziano è limitato e la difesa diviene autonoma. I combattimenti sul Passo Pian delle Fugazze culminano il 7 giugno, con i volontari difensori che combattono strenuamente, nonostante la caduta di Vicenza il 10 giugno, impedendo alle truppe austriache di avanzare verso Rovereto. Vengono messe in luce le sfide affrontate dai difensori del Pian delle Fugazze durante il Risorgimento italiano del 1848, la disorganizzazione e i conflitti individuali. Sebbene sia preminente il ruolo di Arnaldo Fusinato, al quale verrà dedicato un monumento, nelle celebrazioni successive vengono trascurati altri leader che tuttavia affrontarono gravi difficoltà per combattere gli Austriaci. In appendice il saggio riporta una lista dei difensori del Pian delle Fugazze e della Vallarsa nel 1848.
San Prosdocimo a Pieve di Torrebelvicino tra arte e storia del diritto
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San Prosdocimo a Pieve di Torrebelvicino tra arte e storia del diritto
Il breve articolo introduce i due saggi che seguono nello stesso volume, che non rappresentano uno studio completo sulla figura storica di San Prosdocimo, ma si concentrano su tre punti:l’iconografia del santo a Pievebelvicino e nella Val Leogra, gli aspetti antropologici legati alla devozione locale e un episodio giudiziario austriaco a metà Ottocento in cui il santo è coinvolto.
Flora e simboli culturali sul monte Summano
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Flora e simboli culturali sul monte Summano
In origine il culto del monte Summano era dedicato alla dea paleoveneta Reitia, poi venerata come Diana. L’etimologia del nome suggerisce inoltre il culto del dio Summano, identificato in seguito con Plutone. Infine si stabilì il culto mariano. Il santuario fu affidato nel 1452 ai frati Girolimini della Congregazione del beato Gambacorta da Pisa. Il Summano è stato meta di esplorazioni botaniche dal ‘500. Alcuni illustri visitatori sono stati: Luigi Anguillara, Luca Ghini, Giovanni Zanichelli, Giuseppe Casabona per i Medici, e botanici come Leopoldo Falda. Il Summano ospitava molte specie rare per la sua posizione e il passaggio dei pellegrini. Alcune di queste erano associate a varie tipologie di culti: i cipressi, il pioppo nero e l’asfodelo, legati all’aldilà;l’Aconitum napellus e la Campanula rotundifolia, la cui presenza non è accertata;l’anemone, la “scarpetta di Venere” e il Capelvenere, che suggeriscono un culto della dea romana, mutato in culto mariano;infine il non-ti-scordar-di-me.
I Girolimini del Summano e l'arte della musica nell'età della Controriforma
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I Girolimini del Summano e l'arte della musica nell'età della Controriforma
Frate Dioniso, conventuale dell'ordine di San Girolamo del Beato Pietro Gambacurtada Pisa, di stanza al Convento di Santa Maria del Monte Summano ai primi del Seicento, possedeva e leggeva il trattato sull'arte del contrappunto musicale del teorico Orazio Tigrini, stampato a Venezia nel 1588. L'opera fu al tempo uno dei riferimenti principali, nell'ambito delle teorie contrappuntistiche del chiozzotto Gioseffo Zarlino (1517-1590). La Chiesa di Santa Maria di Monte Summano era dotata di coro rivestito di tavole di abete e, come racconta Eusebio Giordano, regolarmente officiata. La pratica musicale del convento era prevalentemente di tipo vocale e corale, strettamente correlata alle Sante Messe e all'Officio delle Ore, secondo la regola dell'Ordine degli Eremiti di San Girolamo. La parte finale dell'articolo inquadra storicamente la pratica musicale nel contesto del movimento controriformistico della Chiesa a seguito del Concilio di Trento, specialmente in relazione all'utilizzo di composizioni polifoniche (a più voci) in alternativa al cantus firmus (monodico), e in particolare al canto gregoriano.
Magli da ferro in Valleogra. Appunti storici in "Magli da ferro in Val Leogra: Santorso, San Vito di Leguzzano, Schio, Torrebelvicino, Valli del Pasubio. Il sistema-maglio. Tecnologia e appunti storici."
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Magli da ferro in Valleogra. Appunti storici in "Magli da ferro in Val Leogra: Santorso, San Vito di Leguzzano, Schio, Torrebelvicino, Valli del Pasubio. Il sistema-maglio. Tecnologia e appunti storici."
L’articolo, suddiviso in tre sezioni, nella prima parte vede l’autore affermare che non esiste una ricerca sui magli da ferro, in particolare su quelli presenti attorno al bacino del Leogra. Nel Vicentino la forza idraulica ha favorito la facinatura di strumenti e attrezzi. Vengono citate famiglie come i Benincà, gli Zanin e i Paulon, attive nelle officine. L’articolo si concentra sugli ultimi decenni del XIX e XX secolo, periodo di declino per le attività manifatturiere. Sono forniti dati acquisiti dal Catasto per ricostruire la storia dei magli. La seconda sezione presenta quindici schede informative su magli presenti lungo il Leogra. In Valli del Pasubio vengono nominati: maglio Fabris “Doíco”, maglio Letter “Pàsse”, maglio Fabris “Bastian”, maglio Maraschin, maglio Fabrello;in Torrebelvicino: magli di Ressalto, maglio Dal Bianco;a Poleo: maglio Dal Bianco e maglio Dal Bianco (Facci);a San Vito di Leguzzano maglio Zanin Fabris Grasselli;a Giavenale maglio di Giavenale;a Santorso maglio Tamburini-Brettoni-Grasselli e maglio di Benincà;al Tretto maglio Bravo Pernigotto e maglio Facci Bravo. Nell’ultima sezione si parla dei marchi dei majàri caratterizzati da essenzialità piuttosto che da estetica: oltre ad incisioni geometriche gli artigiani aggiungevano lettere dell’alfabeto o simboli come segno di orgoglio e garanzia sulla qualità. Talvolta il marchio poteva essere ereditato ma anche modificato.
Il ritorno dei Gerolimini a Santorso e sul Summano (1894-1933)
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Il ritorno dei Gerolimini a Santorso e sul Summano (1894-1933)
Gli eremiti Gerolimini hanno abitato il santuario di S. Maria sul monte Summano dal 1452 al 1775 e dal 1894 fino agli anni ‘60 del ‘900. Da un punto di vista culturale, la prima fase fu più viva della seconda. Nel periodo di abbandono, le rovine del monastero furono meta di pellegrinaggio, mentre il culto della Madonna si trasferì nei paesi sottostanti. Nel 1877 si ebbe il primo tentativo di ricostruire il santuario sulla montagna. In tale occasione, si celebrò una solenne messa tra i ruderi, che fu molto partecipata. Nel 1892 cominciarono effettivamente i lavori e nel 1894 l’edificio tornò ad ospitare alcuni frati Girolimini. Durante la Prima guerra mondiale, il santuario venne chiuso e adibito ad alloggio per le truppe fino alla sua riapertura, nel 1919. Dopo il conflitto, continua l’opera di restauro e di decorazione del convento. Nel 1933, per la carenza dei suoi membri, viene soppresso l’Ordine dei Gerolimini e i frati rimasti sul monte Summano vengono integrati nel clero secolare. Nel 1969 muore a Santorso l’ultimo degli ex Gerolimini, ma il santuario continua ad avere una posizione di spicco tra i luoghi di culto della zona.
La fede e l'eresia. Una vicenda altovicentina di inizio Seicento
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La fede e l'eresia. Una vicenda altovicentina di inizio Seicento
Il notaio piovenese Antonello Grotto visse a cavallo tra Cinquecento e Seicento. Appartenente ad una dinastia di notai, esercitò la professione a Santorso e successivamente a Schio. Sposatosi in seconde nozze con la scledense Anna Liba, dopo una progressiva e profonda crisi religiosa che non traspare dai suoi scritti, con la sola eccezione di un rogito del 1606, aderì al movimento riformista, durante il difficile periodo susseguente all’Interdetto di Papa Paolo V. Colpito dall’accusa di eterodossia dal Vescovo di Vicenza, subì torture e una lunga prigionia. Liberato solo dopo abiura, fuggì con altri riformati vicentini verso Sondrio, al tempo territorio contermine al libero stato delle tre Leghe dei Grigioni. Ma a Tirano, nel 1620 fu coinvolto nel “Sacro Macello” in cui rimase uccisa la moglie Anna Liba.
Carte intestate e pubblicità di ditte del legno di area scledense
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Carte intestate e pubblicità di ditte del legno di area scledense
Le carte intestate di ditte del settore del legno, appartenenti all’area scledense, furono fino alla metà del Ventesimo Secolo, non solo uno strumento di comunicazione o di carattere amministrativo, come le fatture, ma anche un veicolo di promozione e pubblicità. I casi della ditta Pietribiasi e della Falegnameria Francesco Dalla Pozza di Schio, della Falegnameria Carlo Pasini di Malo, della Fabbrica Navette già Federle e C. di Tretto e Schio, della Carrozzeria Dalla Via di Schio documentano come, attraverso le proprie carte intestate, venissero pubblicizzati ad inizio Novecento i prodotti e i servizi offerti, i premi, le attestazioni e i riconoscimenti ricevuti. Ulteriori esempi riguardano la pubblicità su carta stampata. Lo studio illustra i casi scledensi della “Fabbrica stuzzicadenti Emilio Dal Prà”, della “Fabbrica sedie Lionello Brandini”, delle segherie Giovanni Peron e Antonio Santacatterina, nonché delle Officine Meccaniche Gregori che fabbricavano macchine per la lavorazione del legno. Quest’ultima impresa fu insignita della “Grande medaglia d’oro” all’Esposizione Nazionale delle Invenzioni di Torino, nel 1924.
"Il valente e appassionato raccoglitore di memorie patrie" Giovanni Piccoli e le corna di cervo del Castello di Magrè
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"Il valente e appassionato raccoglitore di memorie patrie" Giovanni Piccoli e le corna di cervo del Castello di Magrè
Nel 1912, sul colle del Castello che sovrasta il centro antico di Magrè di Schio, vennero scoperte le corna di cervo con iscrizioni in lingua retica, oggi conservate al Museo Nazionale Atestino di Este (PD). Furono scoperte dallo scledense Giovanni Piccoli (1869-1955), singolare figura di falegname e intagliatore che tuttavia dedicò una parte rilevante del suo tempo alla ricerca e alla tutela delle testimonianze storiche nell’alto vicentino. Grazie a questa sua seconda attività, ci sono giunti quattro stacchi di affreschi quattrocenteschi, oggi conservatori alla Pinacoteca Civica di Vicenza, e una serie nutrita di reperti, appunti e documenti relativi a scavi effettuati in varie località: Monte Berico, Vallugana, Castellon di Magrè, Magré, Pievebelvicino, Castellaro, Santorso, Rocchette, Castelmanduca, Meda. Si dedicò anche alla ricostruzione, con disegni e schizzi, dei castelli medievali dell’area scledense e piovenese oggi scomparsi. Ma gli esiti forse più significativi della sua attività rimangono collegati alle ricerche condotte sul colle del Castello di Magrè, di cui il saggio offre una dettagliata ricostruzione, oltre ad un ampio inquadramento storico del sito. La parte conclusiva porta l’attenzione sugli scritti lasciatici da Piccoli e sui reperti donati al Museo Civico di Vicenza, che alla sua figura ha dedicato una delle sale espositive.
Comunità Montana Leogra-Timonchio. Aspetti storico-giuridici e amministrativi
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Comunità Montana Leogra-Timonchio. Aspetti storico-giuridici e amministrativi
Lo studio ripercorre inizialmente la produzione legislativa che, a partire dal 1955 portò all’introduzione dei cosiddetti “Consigli di Valle” attraverso le successive integrazioni che condussero in seguito alla nascita delle Comunità Montane, attraverso leggi regionali emanate a partire dal 1973. Richiama quindi i passaggi costitutivi dell’Unione Montana Leogra Timonchio, con l’adozione di un proprio stemma, l’allargamento del proprio territorio con l’entrata di nuovi territori, e la definizione del piano di Sviluppo Socio-Economico 2007-2011.
Chiare, fresche e dolci acque...
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Chiare, fresche e dolci acque...
L’acqua, principale componente della biosfera, è caratterizzata da un complesso ciclo che ne integra i tre stati liquido, solido e gassoso, e il concorso del mondo vegetale e animale. L’articolo pone in evidenza l’importanza dell’elemento acqua per la vita degli organismi viventi alla luce anche del suo stato di salute spesso minato da fonti di inquinamento. Passa quindi ad analizzare le acque minerali, nelle quattro diverse classificazioni oggi in uso, - minimamente mineralizzata, oligominerale, mediominerale e ricca di minerali - con alcuni brevi consigli finali sul loro impiego alimentare.
Minescapes/Mindscapes: paesaggi minarari, paesaggi della mente
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Minescapes/Mindscapes: paesaggi minarari, paesaggi della mente
La dorsale pedemontana delle valli Agno e Leogra fu interessata fin dall’Età del Bronzo da attività mineraria e metallurgica. Un progetto del 2011 dell’Università di Padova, attraverso un puntuale rilevamento, mappa le tracce ancora presenti lasciate nei secoli, individuandone le possibili forme di tutela e valorizzazione. Il complesso delle testimonianze emerse afferisce principalmente a due ambiti. Il primo, rilevante, riguarda il paesaggio prodotto dalla millenaria attività estrattiva, in particolare nelle tre aree di Monte Civillina, Mucchione e della zona ad ovest del Torrente Leogra compresa tra Contrada Manfron, Monte Cengìo, fino alla Val Mercanti e i monti Castello e Trisa. i numerosi e complessi materiali emersi dalla ricerca non afferiscono unicamente al contesto minerario, ma si intersecano con il paesaggio umano sia a livello spaziale che storico, abbracciando un vasto arco temporale che giunge fino al secolo scorso. Il secondo paesaggio indagato è definito dai numerosi graffiti, emersi nella seconda campagna di scavo del 2012, dalle rocce di Monte Mucchione, che già aveva restituito nel 1982 alcune “tree” incise su basalto, provenienti dalle località Chele e Rivagra.
La Grande Guerra a Magrè e dintorni nelle note di don Domenico Casalin
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La Grande Guerra a Magrè e dintorni nelle note di don Domenico Casalin
Don Domenico Casalin, dal 1902 fino al 1923, fu parroco di Magrè, comune indipendente fino al 1928, considerato “disfattista” per la sua matrice socialista contraria alla guerra. Il prelato ci ha lasciato una nutrita serie di appunti, una sorta di cronistoria, della Prima Guerra Mondiale. Note religiose su sacerdoti e funzioni del periodo bellico si alternano ai dati sulle truppe presenti a Magrè, ai resoconti sulle requisizioni di animali e legna a scapito di agricoltori e civili, con i disagi della popolazione per l’aumento dei prezzi degli alimenti. Vi si trovano poi puntuali resoconti dei morti, dei feriti e dei danni conseguenti ai bombardamenti e alle incursioni aeree, fino alle ripercussioni drammatiche della Strafexpedition e alle notizie che giungevano dal Piave e da Caporetto. Con dovizia di particolari vengono riferiti i due drammatici episodi, esecrati dalla popolazione, accaduti tra le truppe accampate tra Magrè e San Vito di Leguzzano: il primo culminato nella fucilazione degli artiglieri Adalberto Bonomo e Antonio Bianchi, il secondo, a San Vito, con la fucilazione di sette militari rei di aver partecipato ad una rivolta culminata con alcuni spari in aria. In appendice finale si elencano i profughi e i caduti della Parrocchia di Magrè.
Alle origini del mercato di Piovene
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Alle origini del mercato di Piovene
I mercati settimanali offrivano l'opportunità agli abitanti della zona di concludere buoni affari ma anche di incontrarsi. In seguito al crollo della Repubblica di Venezia venne istituito il primo mercato a Piovene che ebbe però vita brevissima a causa della scarsa viabilità. Quando questa iniziò a migliorare e il Veneto entrò a far parte dell’Impero Austriaco venne richiesto il ripristino, però fu commesso un errore nella richiesta che ritardò le trattative con il governo austriaco. Nonostante ciò tale progetto godette del consenso di numerosi paesi del circondario, dal momento che avrebbero goduto del vantaggio di risparmiare strada. Si giunse così al permesso di poter tenere un mercato nell’aprile del 1818 mentre l’inaugurazione effettiva si tenne il 2 settembre 1824 grazie all’aiuto dei possidenti piovenesi. I continui miglioramenti alla rete viaria locale, come la nuova strada del Costo, permisero lo sviluppo economico e la trasformazione sociale di Piovene tra ‘800 e ‘900, durante la quale molti iniziarono il lavoro come operai. Con l’avvento della prima guerra mondiale si assisté ad un’improvvisa sospensione delle attività economiche;al termine del conflitto venne avviata la ricostruzione delle iniziative produttive e commerciali tra cui il mercato, che vide una quantità sempre maggiore di venditori e acquirenti solamente negli anni successivi.
Santorso di mulino in mulino... lungo la Roggia i segni dell'antica arte della macinazione
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Santorso di mulino in mulino... lungo la Roggia i segni dell'antica arte della macinazione
L’articolo è una sintesi di una ricerca scolastica ed è diviso in quattro sezioni. L’introduzione spiega che il tratto superiore della Roggia di Thiene, a Santorso, documenta antiche attività lavorative e, in particolare, la storia molitoria di Santorso. La seconda sezione narra la storia e l’utilizzo della suddetta Roggia, a partire dagli accordi del 1279 con i conti Beroardo e Alberto Maltraversi. Sono poi descritti i successivi accordi e le conseguenze, tra cui l’apertura di rozzali clandestini per l’irrigazione da parte di privati cittadini. La terza elenca, citandone i proprietari mugnai, tutti i mulini costruiti dopo i primi due, in possesso dei conti sopracitati, fino ad arrivare ai due tuttora funzionanti. Viene inoltre riportata la descrizione delle caratteristiche strutturali dei mulini. L’ultima illustra il percorso da seguire oggi per ripercorrere la storia dei mulini lungo la Roggia, partendo da La Màsena al Timonchio e attraversando vari luoghi con costruzioni di interesse culturale, delle quali ne è riportata una fedele descrizione.
Biografia di Giuseppe Baice, garibaldino scledense
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Biografia di Giuseppe Baice, garibaldino scledense
Giuseppe Baice (1837-1867), magrediense di nascita ma discendente da progenitori originari della trentina Val di Terragnolo, fu un garibaldino. Aveva assimilato gli ideali patriottici probabilmente dal vicino di casa, Giovanni Maraschin, che custodiva la biblioteca dell’abate Pietro Maraschin, fucina di ideali unitari, dove si riunivano Alessandro Rossi, i fratelli Pasini, Michele Saccardo e Antonio Toaldi. Lo studio ricostruisce i tratti biografici di Baice che, già nel 1859, all’indomani dello scoppio della seconda Guerra d’Indipendenza si arruola nell’esercito piemontese come volontario, nel 45° Reggimento Fanteria. Viene congedato a fine dicembre per motivi di salute, ma l’anno successivo si imbarca a Quarto con i Mille di Giuseppe Garibaldi. In uno scritto autografo pervenutoci, ci descrive il viaggio fino allo sbarco di Marsala. Il 15 maggio 1860 combatte e si distingue a Calatafimi e il 23 luglio a Milazzo;poi, a settembre, al Volturno e a Capua. Viene quindi congedato ma il Veneto, ancora austriaco, gli preclude il rientro e inizia un difficile periodo da esule che peggiora la sua già precaria salute. In condizioni oramai critiche, rientra a Magré solo nel 1867, dove si spegne il 7 giugno. Nel 1878, il Comune di Magré appone una lapide commemorativa, sulla sua casa natale, in Via Riolo.
Scatti di storia, storia di scatti. La famiglia Savardo di Marano Vicentino
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Scatti di storia, storia di scatti. La famiglia Savardo di Marano Vicentino
La famiglia Savardo diviene nobile a seguito di un rapido arricchimento, favorito dal loro spirito d’iniziativa e dall’ attitudine all’innovazione. Conosciamo le loro vicende grazie alla grande raccolta epistolare e fotografica che le documenta. Molte testimonianze sono giunte a noi, specialmente riguardo ai fratelli Giulio Ricciotti e Filippo Dino e delle loro vite a cavallo tra il 1800 e il 1900. I fratelli studiano entrambi ingegneria, ma mentre Ricciotti gira il mondo per lavoro e per piacere, Dino rimane nel Vicentino, dove si occupa delle sue proprietà usufruendo delle innovazioni del secolo.Tentò ad esempio di costruire una centrale idroelettrica sul Leogra. E’ possibile inoltre ricostruire il ruolo dei Savardo nelle due Guerre Mondiali: durante la Grande Guerra, il figlio di RIcciotti, Pietro, divenne il più giovane ufficiale italiano, a seguito della battaglia di Montello;Dino fu podestà a Marano dal ‘18 al ‘32. La famiglia si estinse nel 1969 dopo la morte di Pietro.
Monte di Malo e le sue acque
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Monte di Malo e le sue acque
L’articolo, corredato da foto, è diviso in sette sezioni. L’introduzione spiega che, dal punto di vista idrogeologico, Monte di Malo si divide in tre parti: il versante settentrionale, caratterizzato dalle eruzioni dell’era Terziaria, ha costretto le acque in superficie; la zona carsica di Faedo; la parte pianeggiante dove sorgono alcune grandi sorgenti d'acqua. La seconda sezione descrive tre grotte: il Buso della Rana, nel quale è stato rinvenuto un insediamento Neolitico, la Poscola e il Buso del Soglio. La terza descrive invece le fontane che possono convogliare l'acqua dal basso o, attraverso un coppo, dall’alto, le tre vasche di una tipica fontana della contrada e i problemi igienici ad essa connessi. Per risolverli, come spiegano rispettivamente la quarta e la quinta sezione, si costruì il primo acquedotto nel 1927, con origine nelle Lambre; ne vennero costruiti altri sette, che, assieme a quelli che seguirono, migliorarono la qualità della vita. La sesta parte spiega il processo che portò a costruire l’acquedotto di Faedo, e i problemi causati dalla scarsità idrica della zona. L’ultima sezione narra delle presunte acque miracolose di due sorgenti, dalle cui analisi, fatte intraprendere da don Gaetano Montanaro, risultarono effettivamente alcune proprietà benefiche.
La signora di Valli dei Signori
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La signora di Valli dei Signori
Il testo descrive la vita e le usanze della comunità femminile a Valli del Pasubio, concentrandosi sulla figura della “signora” o padrona di casa. Le donne svolgevano una serie di attività quotidiane e coltivavano la memoria di ricorrenze legate alla tradizione locale e alla natura.La donna, la parona, sovrintende anche all’allevamento ed alle complesse operazioni della macellazione del maiale, che il testo descrive dettagliatamente, fino al prodotto finale, la sopressa di Valli del Pasubio.
Le scuole elementari di Malo tra fine Ottocento e primo ventennio del Novecento
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Le scuole elementari di Malo tra fine Ottocento e primo ventennio del Novecento
Si approfondisce la riforma del sistema scolastico dopo l’annessione del Veneto al Regno d’Italia. La legge Gabrio Casati del 1859, stabilisce che sia il comune ad occuparsi dell'istruzione elementare e dell'insegnamento religioso. Nel 1904 la legge Orlandi istituisce i corsi serali e festivi per adulti analfabeti;Malo non è soggetta alla Daneo-Credaro del 1911 e il Comune continua a gestire le scuole. Alessandro Rossi e Paolo Lioy, attivi nella realtà politico-sociale, si impegnano contro l’analfabetismo. Alcuni documenti d’archivio registrano le modifiche avvenute a Malo dal 1868, nelle scuole pubbliche e in quella privata. Le relazioni di fine anno danno un quadro generale del sistema scolastico e delle presenze, che variano e diventano addirittura sporadiche nel secondo periodo. Nel periodo della Grande Guerra, mentre gli scolari aumentano a causa dei bambini profughi, gli edifici scolastici vengono adibiti ad ospedali. Dei corsi per adulti non si ha notizia fino al 1919, quando risultano nuovamente attivi.
Corsi d'acqua superficiali nel Comune di Malo: Livergon, Bressana, Rana, Gadola, Proa
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Corsi d'acqua superficiali nel Comune di Malo: Livergon, Bressana, Rana, Gadola, Proa
Dopo un’iniziale analisi della genesi geomorfologica del territorio di Malo, lo studio indaga la rete idrografica locale, in particolare il torrente Livergón, di cui viene descritto il corso, la vita e le attività che lungo esso si svolgevano in passato. Da una cartografia del 1738, della quale sono evidenziati i puntuali riferimenti topografici, si desume il cambiamento del corso avvenuto nel 1496. Uno specifico approfondimento illustra i sette ponti che attraversano l’alveo del torrente: Ponte del Castello, Ponte degli Alpini, Ponte delle galline, Ponte di Valentino, Ponte del Montécio, Ponte delle Case e Ponte di San Tomio;prosegue poi con la descrizione degli argini, con l’analisi chimica e batteriologica delle acque e con un cenno all’acquedotto maladense del Castello, ultimato nel 1912. L’indagine idrografica dell’area prosegue poi con l’analisi del bacino del rio Bressana e del torrente Rana, affluente di destra del Livergón, con i mulini in esso attivi, e del torrente Proa, affluente di sinistra, anche attraverso la lettura di cartografie settecentesche. Una descrizione idrologica del territorio di fine Ottocento, che subì rilevanti ripercussioni a seguito della disastrosa alluvione del 1882, completa il lavoro.
"Abbasso la guerra. Vogliamo la pace". La rivolta dell'8° Reggimento fanteria di marcia e la fucilazione di sette soldati a San Vito di Leguzzano (6 agosto 1917)
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"Abbasso la guerra. Vogliamo la pace". La rivolta dell'8° Reggimento fanteria di marcia e la fucilazione di sette soldati a San Vito di Leguzzano (6 agosto 1917)
Nel crescente clima di opposizione popolare al proseguimento del primo conflitto mondiale, nell’estate del 1917 accadde a San Vito di Leguzzano una vicenda drammatica. La notte tra il 5 e 6 agosto, i soldati dell’8° Reggimento di Fanteria in marcia erano accampati vicino alla chiesa parrocchiale. Oramai stanchi del conflitto in corso da oltre due anni, all’ordine di ripartire per il fronte, insorsero. Si gridò “abbasso la guerra, vogliamo la pace” e si spararono alcuni colpi in aria. La conseguenza fu drammatica: sette militari furono sommariamente processati e fucilati. Grazie anche agli scritti del caporalmaggiore Angelo Savoldelli, testimone diretto, e dell’arciprete di San Vito don Antonio Cattelan il saggio ricostruisce i cruenti fatti e contribuisce a dare identità alle sette giovani vite spezzate, rimaste a lungo senza nome.
L'utilizzo delle acque a Valli del Pasubio nell'epoca dell'antico regime
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L'utilizzo delle acque a Valli del Pasubio nell'epoca dell'antico regime
L’articolo esplora l’utilizzo delle risorse idriche a Valli del Pasubio, in alta Val Leogra, mostrando il ruolo essenziale dell’acqua e dei canali artificiali in agricoltura: atti notarili vennero redatti in merito alla contesa di canali e rogge dai quali si evincono, ad esempio, precise turnazioni infrasettimanali per il loro utilizzo. Inoltre, la presenza di numerose polle e risorgive, oltre a facilitare l’abbeveraggio del bestiame, favoriva la coltivazione della canapa allora assai diffusa come testimoniano inventari e stime dotali . Nonostante l’irregolarità del Leogra che rendeva necessaria la costruzione di costosi sistemi di sbarramento, è chiaro da vari documenti notarili come in corso d’acqua fosse sfruttato per la fluitazione del legname, specialmente nella prima parte del Cinquecento. Un’ulteriore attività basata sulla forza motrice dell’acqua è quella molitoria, le cui restrizioni d’uso e dinamiche vengono discusse ampiamente. Vi è di seguito la menzione della Repubblica di Venezia, i cui corsi d’acqua divennero statali per il Provveditorato dei Beni Inculti. L’articolo si conclude citando e descrivendo i mulini presenti nelle diverse zone e nominando la Roggia di Schio e la contesa fra i Giordani e i Letter, tutte informazioni basate sui documenti dell’Archivio di Stato di Vicenza.
Etimologia del toponimo "Schio"
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Etimologia del toponimo "Schio"
Il territorio di Schio, sin dalla preistoria al centro di importanti vie di comunicazioni, vede l’avvicendarsi fin dal Neolitico (3.800-3000 a. C.) di popoli e civiltà diverse, quali gli Heneti o Veneti, gli Atestini, i Celti, i Reti, i Galli Cenomani, i Galli Carni, gli Histri, per giungere infine all’epoca romana di cui sono emerse testimonianze fino a tutto il periodo tardo imperiale. L’ipotesi che il toponimo Schio derivi da aesculetum, ovvero bosco di ippocastani – in latino Aesculus hippocastanum –, viene ritenuta poco plausibile, mentre più probabile appare il riferimento a diversa specie arborea, la farnia, in volgare ischio o eschia, di cui rimangono in Italia altri simili toponimi derivati. Particolarmente significativa al proposito l’indicazione sulla settecentesca mappa del Veneto, disegnata dal conte Jacopo Filiasi (1750-1829), riportante l’indicazione Hyschius, secondo l’autore, toponimo di origine romana.
Le fabbriche di birra di Piovene Rocchette
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Le fabbriche di birra di Piovene Rocchette
Le fabbriche di birra di Piovene Rocchette vantano una storia ricca e affascinante. La prima fabbrica nasce ad opera di Pietro Rossi nel 1868, in Via dell’Ospizio, seguita da quella del farmacista Leopoldo Farinon, edificata nel 1876 lungo la strada che da Piovene porta a Velo d’Astico.L’ articolo descrive le vicende delle fabbriche che si intrecciano con la storia locale e dell’Alto Vicentino, dove hanno iniziato la loro avventura nell'arte della birrificazione. Nel corso degli anni, le aziende hanno conosciuto vari passaggi di proprietà ripercorsi dall’articolo.
Servizi di sanità a Schio durante la Grande Guerra
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Servizi di sanità a Schio durante la Grande Guerra
All’Ospedale Civile Baratto di Schio, dopo sei giorni dall’inizio del Primo Conflitto Mondiale, arrivano i primi feriti. Saranno decine di migliaia alla fine ad essere accolti e curati nelle diverse strutture sanitarie militari allestite nel centro scledense. Oltre al Baratto divenuto ben presto insufficiente, ospedali furono allestiti all’Istituto Salesiano, all’Istituto Canossiano, alle Scuole Tecniche al Castello, alle Scuole Maschili di Via Alessandro Rossi, al Villino Panciera e a Magrè. La ricerca ne ricostruisce e descrive le vicende nel periodo bellico, partendo da documenti dell’archivio della Croce Rossa, da diari e scritti dei testimoni diretti, come l’infermiera volontaria Bice De Munari, Elena di Francia duchessa d’Aosta, il chirurgo militare Roberto Agostinelli, il sindaco Italo Beltrame Pomé, il presidente della Congregazione di Carità Olinto Bolla, l’Arciprete di Schio Elia Dalla Costa, futuro cardinale di Firenze.
Un'indagine storica del mondo operaio scledense attraverso lo sciopero dei tessitori del 1873
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Un'indagine storica del mondo operaio scledense attraverso lo sciopero dei tessitori del 1873
Lo studio prende in esame la classe operaia scledense attraverso l’ottica del conflitto sociale verso la fine del XIX secolo. L’analisi delle dinamiche di protesta è condotta attraverso molteplici punti di vista: degli operai e della gente comune, degli imprenditori e delle autorità pubbliche. Si descrive la formazione della Schio operaia nel corso dell’Ottocento e l’affermarsi dell’industria laniera di A. Rossi.
Scorci di vita paesana in età napoleonica: Piovene nel 1810
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Scorci di vita paesana in età napoleonica: Piovene nel 1810
Il 26 maggio 1805 Napoleone Bonaparte viene incoronato re d’Italia. Il conseguente asservimento alla Francia determina sulla popolazione veneta un forte impatto. Dopo l’iniziale atteggiamento ostile culminato nell’insurrezione filoaustriaca del 1809, partita dai monti e dalle valli vicentine, la comunità di Piovene, aggregata con Carrè e Chiuppano, viene inquadrata nella nuova organizzazione territoriale governata dal Viceré Eugenio Beauharnais. La lettura dei documenti dell’archivio comunale del 1810, attraverso i provvedimenti dell’amministrazione del tempo, fa emergere i problemi legati al fenomeno del brigantaggio, alle questioni sanitarie specialmente connesse alla prevenzione del vaiolo e alle malattie del bestiame, alla coscrizione militare obbligatoria. Ma vi si testimoniano anche innovazioni profonde, con l’introduzione delle scuole elementari e del sistema metrico decimale, che sostituì le complesse misure precedentemente in uso. Il primo giugno 1810, in occasione del quinto anniversario dell’incoronazione e a seguito delle seconde nozze celebrate con la principessa austriaca Maria Luigia d’Asburgo, Napoleone fu celebrato con festeggiamenti anche a Piovene. La successiva campagna di Russia del 1812, cui dovette partecipare senza farvi ritorno anche il chiuppanese Antonio Rando, casse 1792, fu però l’inizio della fine. Nel 1813 gli austriaci calarono infatti in Veneto, facendo riemergere nella popolazione locale l’astio per le costrizioni subite, per i beni e le giovani vite sottratte dal governo e dalla municipalità filofrancese, negli anni di asservimento.
"Una granata sul mio giaciglio...". Le pagine inedite del diario di un combattente bergamasco nel Vicentino.
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"Una granata sul mio giaciglio...". Le pagine inedite del diario di un combattente bergamasco nel Vicentino.
Nato nel 1897 a Leffe, nella bergamasca, Giuseppe Beltrami a 87 anni scrive un singolare diario di guerra, oggi conservato dalla nipote Maria Elisa Villa. Episodi di vita militare del primo conflitto mondiale, spesso cruenti e drammatici, scorrono nel suo racconto, sullo sfondo delle diverse località del fronte: Ala - in Trentino - Castana, Arsiero, Piovene Rocchette, Monte Grappa - nel Vicentino -, Crespano e Paderno del Grappa - nel Trevigiano - e infine la Valcamonica. Congedato nel 1920, dopo aver vissuto orrori e lutti, l’alpino trombettista bergamasco rientra a casa e riprende la sua attività di venditore ambulante di stoffe e coperte.
L'opera pittorica di Giovanni De Mio a Torrebelvicino e a Santorso
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L'opera pittorica di Giovanni De Mio a Torrebelvicino e a Santorso
Si discute della vita e delle opere del pittore cinquecentesco scledense Giovanni De Mio, le cui vicende artistiche sono tutt’oggi difficili da ricostruire a causa della scarsità di documenti che lo riguardano e della sua vita molto dinamica e multiculturale. Si espone poi la produzione pittorica dell’artista, descrivendone le caratteristiche, le innovazioni e i temi rappresentati, spiegando inoltre gli spostamenti compiuti nel corso della sua carriera artistica. Si menziona una pala d’altare dell’artista situata nella Chiesa parrocchiale di Torrebelvicino e si descrive la sua storia, ciò che è raffigurato, il significato dell'iconografia e le tecniche utilizzate. Vengono riportati analogamente anche gli affreschi di Villa Floriani a Santorso, spiegando inoltre la causa del loro deperimento e la struttura della villa.
Torrebelvicino 1847. San Prosdocimo il mitico evangelizzatore della Val Leogra, protagonista di un processo austriaco di metà Ottocento
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Torrebelvicino 1847. San Prosdocimo il mitico evangelizzatore della Val Leogra, protagonista di un processo austriaco di metà Ottocento
Il testo inizia col processo penale del XIX secolo contro Giuseppe Beccaro di Pievebelvicino, che offre una preziosa finestra sulla vita sociale e giudiziaria dell'epoca grazie ai documenti dell'Archivio di Stato di Vicenza. Il processo riguarda l'offesa ai simboli religiosi nella chiesa locale da parte di Beccaro, che aveva esposto idee irreligiose e bestemmie. Questo caso permette di analizzare le dinamiche della comunità, l'attenzione della Chiesa ai mutamenti culturali dovuti all'industrializzazione e il ruolo dell'autorità ecclesiastica. Le testimonianze rivelano dettagli sulla vita quotidiana, i cambiamenti sociali e l'industrializzazione dell'Alto Vicentino. L'offesa si svolse nell'atrio della chiesa di Pieve, dove era presente un affresco di San Prosdocimo, figura di devozione locale. Il processo mette in evidenza anche le novità della giustizia austriaca dell'epoca, come la partecipazione dell'avvocato difensore e le disposizioni giuridiche introdotte durante i tumultuosi eventi del 1848.
Filatura e Tessitura domestiche tra San Vito di Leguzzano e Malo
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Filatura e Tessitura domestiche tra San Vito di Leguzzano e Malo
Dopo alcune informazioni sulla coltivazione e sul processo di produzione del filato di canapa, il saggio si sofferma sulla produzione dei tessitori di San Vito tra fine Settecento e Ottocento, riportando dati relativi alle famiglie dedite all’attività tessile e alle attrezzature.Basandosi sui dati ricavati dagli inventari si ricostruiscono le fasi di lavorazione dei filati e dei tessuti.Da ultimo l’articolo si sofferma sulla manifattura dei fratelli Vitella di Malo, la cui attività durò fino agli anni Venti del Novecento.
Momenti d'industrializzazione nel territorio di Torrebelvicino prima dell'energia elettrica. Il ruolo dell'acqua con la sua pura forza meccanica
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Momenti d'industrializzazione nel territorio di Torrebelvicino prima dell'energia elettrica. Il ruolo dell'acqua con la sua pura forza meccanica
Si descrive lo sviluppo industriale della zona di Pievebelvicino, Schio e Torrebelvicino dal XII secolo ai giorni nostri, realizzato grazie allo sfruttamento della forza meccanica dell’acqua. Vengono trattati lo sviluppo di attività molatorie, lavorazione dei tessuti, mulini, magli, segherie e fucine dal XII al XVI sec., principalmente lungo il corso della Roggia Maestra dove era possibile produrre energia grazie alla caduta dell’acqua ricavata dal Leogra. Si prosegue con l'esposizione della prima mappa del percorso della Roggia Maestra con annesse attività produttive, cartiera inclusa (1737). Segue parte sull’utilizzo di caldaie a vapore e di turbine per le attività più lontane dalla Roggia. Si continua con l’operato di Alessandro Rossi e lo spostamento di alcune attività dalla Fabbrica Alta a Piovene per utilizzare i salti d’acqua presenti sull’Astico. Infine si tratta dell’installazione della prima fune teledinamica ove prima sorgeva la cartiera di Pievebelvicino. Si conclude con lo smantellamento di tali funi a favore dell’elettricità.
Fotografia e paesaggio: piccole e grandi traccie dell'umanità. Riflessioni in margine da un racconto fotografico della Val Leogra
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Fotografia e paesaggio: piccole e grandi traccie dell'umanità. Riflessioni in margine da un racconto fotografico della Val Leogra
In questo articolo, l’autore riflette sull’arte della fotografia. Sostiene che essa non sia pura e semplice tecnica, ma un linguaggio universale che condiziona e arricchisce il sistema di comunicazione, permette di conoscere luoghi e persone lontani oltre ad essere un modo per esprimere in più modo fedele di un disegno, ma sempre soggettivo, la realtà che circonda l’uomo. Nella cospicua parte finale, l'autore presenta una selezione di fotografie che ritraggono i corsi d’acqua della Val Leogra (in particolare il Leogra stesso e il Timonchio) e che sono volte sia a cogliere significativi aspetti idrogeologici e paesaggistici sia a esprime l’amore per la sua terra.
Il mais Marano: vicende e caratteristiche
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Il mais Marano: vicende e caratteristiche
La storia del mais Marano inizia nel 1890 con la famiglia Fioretti, abili proprietari terrieri ed esperti agricoltori. La nascita del mais Marano avvene infatti grazie ad Antonio Fioretti e ai suoi esperimenti sugli incroci tra le varietà di mais, il suo intento era quello di riuscire a crearne una che fosse capace di adattarsi al meglio alla tipologia di terreno di Marano. Lo sviluppo di questo prodotto non degrada, anzi: dal 1920 il successo cresce e il mais Marano diventa uno dei cereali più apprezzati di tutto il Nord Italia. Il mais Marano al giorno d’oggi viene commercializzato esclusivamente dalla Cantina sociale “Val Leogra” di Malo, socia con il Consorzio di tutela, che ha il compito di difendere la produzione e la diffusione del mais. L’articolo infine contiene una descrizione agronomico-storica dei cereali coltivati nell’area del Veneto.
Il recupero ambientale di una cava di ghiaia in Comune di Santorso
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Il recupero ambientale di una cava di ghiaia in Comune di Santorso
Nel 1987 l’Amministrazione Comunale di Santorso propone il Progetto di recupero ambientale della cava di ghiaia ex Dal Santo e, dopo rilievi topografici e la redazione di una scheda stazionale dell’area, elabora lo Stato di fatto e lo Stato di progetto; gli interventi, volti al miglioramento della sicurezza e della biodiversità, vengono iniziati nell’aprile 1990 e conclusi definitivamente, non senza alcune complicazioni, nel gennaio del 1992 con una celebrazione simbolica precedente per la “Festa degli Alberi” dell’aprile del 1991 che ha visto la partecipazione degli alunni della scuola Elementare e Media di Santorso.
Guerra e prigionia 1915-1917. Il diario del fante Vittorio Toniolo
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Guerra e prigionia 1915-1917. Il diario del fante Vittorio Toniolo
Vittorio Toniolo, classe 1988, di Meda di Velo d'Astico, fu fante nella Prima Guerra Mondiale. Cadde prigioniero degli austroungarici il 18 maggio 1916 e rimase in prigionia fino alla fine del conflitto. Scrisse al rientro un preciso e puntuale diario della sua esperienza. La ricerca restituisce la trascrizione inedita dei suoi scritti: una cronistoria puntuale con luoghi, persone, eventi e la descrizione delle condizioni di vita al fronte e nel successivo periodo di prigionia, durante il quale fu per lui importante la conoscenza della lingua tedesca, appresa nel corso della sua professione di operaio nei birrifici piovenesi, a contatto con i mastri birrai bavaresi.
I Fornasa Priari, una Famiglia di Scalpellini di San Vito di Leguzzano
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I Fornasa Priari, una Famiglia di Scalpellini di San Vito di Leguzzano
Viene narrata la storia dei Fornasa, una famiglia di scalpellini di San Vito di Leguzzano che, nella metà dell’Ottocento, si è distinta nel campo della trasformazione della pietra.
Abitare in Val Leogra, nel mondo antico e oltre
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Abitare in Val Leogra, nel mondo antico e oltre
L’articolo si apre con una breve spiegazione dell’etimologia della parola casa e di tutte le parole ad essa affini. Vengono poi elencati una serie di ritrovamenti archeologici risalenti a epoche antiche nel comune di Santorso (in particolare nelle contrade Pozzetto e Lesina) e nei suoi dintorni, che vengono confrontati con altri resti trovati a Marzabotto, nella valle del Reno: con l’ausilio di disegni illustrativi vengono mostrate le fondamenta di tutte le abitazioni ritrovate, dall’età del Ferro fino ai tempi dei Romani.Dopo una digressione sulla struttura delle villae romane e delle loro funzioni, vengono riportate e spiegate le mansioni dei vari “operai” che lavoravano al loro interno. Segue un confronto con gli edifici greci, in quanto essi sono sempre stati di riferimento per i costruttori italici.Conclusa questa parentesi, viene messo in luce che le costruzioni nella Val Leogra erano organizzate nelle contrade, di cui si descrivono gli elementi principali. Quindi viene analizzata più in particolare la struttura della casa ed i materiali impiegati.Al termine del saggio si descrive la casa come protagonista di cultura e saggezza popolare nel mondo antico, greco e soprattutto latino.
Estate 1943. I fatti del 25 luglio e dell'8 settembre a Schio
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Estate 1943. I fatti del 25 luglio e dell'8 settembre a Schio
Dopo la deposizione di Mussolini, Pietro Badoglio, a capo del nuovo Governo, firma la resa agli Alleati l’8 settembre 1943. La notte successiva, tra il 9 e il 10 settembre, le truppe tedesche assaltano la Caserma Cella di Schio, sede di un battaglione del 57° Reggimento fanteria. Per la popolazione scledense, che il 26 luglio aveva festeggiato la fine della dittatura fascista, è un’amara disillusione. Attraverso numerosi scritti e documenti lasciati dai diretti testimoni, il saggio ricostruisce il clima della città scledense nei giorni precedenti l’annuncio dell’armistizio, il caos generato dall’insipienza dei vertici militari e politici italiani, i primi approcci alla costituzione della resistenza armata e la reazione tedesca, attuata da truppe reduci dal fronte russo. Nel vicentino, ad alcuni timidi tentativi di contrastare i tedeschi segue una rapida e generalizzata resa con la consegna delle armi e la deportazione. È l’operazione “Achse”, in realtà da tempo pianificata da Hitler. Le truppe corazzate del 132° attaccano Schio, nella notte tra il 9 e 10 settembre 1943. Viene assaltata la Caserma Cella, dove erano rimaste 1200 reclute, senza ufficiali e mal armate. I sopravvissuti Bruno Badiello, Goffredo Conte e lo scledense Guido Beccaro riscostruiscono gli eventi dello scontro. La battaglia dura fino alle 3 e 30. Alla fine, 12 soldati rimangono a terra. Quattro sono i morti italiani. Anche gli altri presìdi militari della città, tra cui la Stazione Ferroviaria, le Scuole Marconi, la Caserma di Via Porta di Sotto, la postazione antiaerea del Castello di Magrè, nella mattina seguente sono disarmati. Approfittando del favore della popolazione scledense, qualche militare italiano riesce a sfuggire alla cattura. Il 10 settembre, Schio si ritrova così occupata dalle truppe tedesche, mentre nella Caserma Cella vengono concentrati i militari italiani. Prima della deportazione finale, grazie a solidarietà e alla generosità della popolazione che scende in piazza e giunge anche a fermare la colonna dei deportati, un numero non trascurabile di militari italiani riesce a fuggire. Diverso trattamento è riservato invece al comandate della Cella, il Maggiore Jeri, coperto dalle critiche e dagli insulti dalla gente.
Ortensio Zago e l'oratorio dell'Immacolata Concezione a San Tomio di Malo: un elogio della Sapienza
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Ortensio Zago e l'oratorio dell'Immacolata Concezione a San Tomio di Malo: un elogio della Sapienza
L’oratorio dell’Immacolata Concezione si trova a San Tomio di Malo, nel complesso della villa detta “il Vaticano”. L’immobile e i terreni, in origine circa 132 campi, appartenevano nel Cinquecento ai nobili Branzo Loschi. Dopo vari passaggi, il vasto possedimento pervenne, non senza contese legali, nelle disponibilità dell’avvocato Ortensio Zago, che fu controparte della comunità maladense anche in una seconda questione relativa allo sfruttamento delle acque del Torrente Livergón. Dopo una supplica indirizzata nel 1688 al Vescovo di Vicenza mons. Rubuini, Zago intraprende la costruzione dell’Oratorio dedicato all’Immacolata Concezione di Maria. Il saggio, dopo un iniziale descrizione del contesto circostante, passa ad illustrare le caratteristiche architettoniche dell’edificio, a partire dalla facciata. Proseguire poi con la descrizione dell’interno che custodisce, oltre agli apparati decorativi, la pala dell’Immacolata Concezione e l’altare lapideo con alcune sculture attribuibili forse all’ambito della bottega dei fratelli Marinali. Dopo un excursus sulla figura di Maria e sul dogma dell’Immacolata Concezione, l’autrice conclude con un profilo biografico del committente, Ortensio Zago. Giurista con forti inclinazioni verso le scienze matematiche, si occupò anche di regimazione dei corsi d’acqua e della laguna veneta, di architettura militare, di archeologia.
Sull'origine del nome Pasubio
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Sull'origine del nome Pasubio
L’origine del toponimo Pasubio, montagna che accomuna le genti trentine e vicentine, per le vicende storiche, la dimensione rurale e le attività escursionistiche, suscita notevole interesse. L’autore, alle ipotesi storiche di studiosi quali Olivieri, Pellegrini, Battisti, Lorenzi che ne ricollegarono l’origine alla funzione di passaggio tra le valli vicentine e trentine, contrappone un’origine etimologica legata alla funzione di pascolo. In particolare, Pasubio, in latino “passubulum”, deriverebbe da “pastus”, e “pabulum” ovvero posta del pascolo. L’analoga origine di altri toponimi trentini, cadorini e friulani, avvalorerebbe l’ipotesi, come pure l’analisi di altri toponimi ricorrenti nell’area del Pasubio, come “sella”, “bocca”, “colletto”, “Xomo” e “Xon”, riconducibili con evidenza all’idea di “passo” o “valico”. Presente già in documenti duecenteschi, il toponimo Pasubio compare nella carta vicentina di Pigafetta (1580-1581), di Giovanni Molino (1608 e 1621), Angelo Zanovello (1676), Domenico Dell’Acqua (1739), Antonio Zatta (1783), Anton von Zach nella Kriegskarte (1798-1805), Richard de Rouvre (1810) e, infine, in più punti dei Catasti, a partire da quello italo-austriaco (1809-1836). Singolare, infine, appare il tentativo, durante il regno Lombardo Veneto, di estendere il toponimo Pasubio a tutta la sommità del massiccio, al tempo sotto il controllo austriaco.
I fratelli Pasini e la rivoluzione veneziana (1848-1849)
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I fratelli Pasini e la rivoluzione veneziana (1848-1849)
Lo studio approfondisce la biografia e la personalità dei fratelli scledensi Lodovico e Valentino Pasini, annoverati tra le più significative figure del nostro risorgimento. Gli stessi socialisti vicentini ne tributarono pubblicamente il valore, in occasione dell’inaugurazione del monumento a loro dedicato, nel 1906. Lodovico fu valente geologo, allievo dell’abate Pietro Maraschin. Valentino, di formazione classica, fu avvocato, economista e accademico olimpico, ma si occupò anche di agricoltura, promuovendone il rinnovamento e la crescita. Entrambi furono membri dell’Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti. Abbracciati gli ideali risorgimentali, già nella sollevazione popolare del 1848 furono protagonisti con ruoli di primo piano: Lodovico nella Venezia insorta di Daniele Manin, Valentino dapprima nell’insurrezione di Vicenza e poi, a sua volta, in missioni diplomatiche estere, a Parigi, Londra e Vienna, per conto della stessa Venezia, fino al suo drammatico epilogo del 1949. Entrambi subirono pesanti ripercussioni dagli Austriaci. Lodovico, progressivamente estromesso da tutte le cariche, fu confinato a Schio. Pienamente riabilitato solo dopo il 1866, divenne, due anni dopo, Ministro del Governo Menabrea. Valentino, invece, fu costretto dapprima a lasciare il Veneto, rientrandovi solo qualche anno dopo sottoposto a pesanti restrizioni personali e familiari. Chiamato a sé da Cavour ed eletto deputato nel parlamento piemontese del 1860, partecipò alla proclamazione del Regno d’Italia nel 1861. Tre anni dopo, si spegneva a Torino, a cinquantotto anni.
La raffigurazione di San Prosdocimo nella chiesa di Santa Maria a Pievebelvicino
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La raffigurazione di San Prosdocimo nella chiesa di Santa Maria a Pievebelvicino
Il testo descrive la rappresentazione artistica di San Prosdocimo, primo vescovo di Padova, nelle chiese e nei luoghi della Val Leogra e dintorni. Le opere d'arte, dipinti e statue, raffigurano il santo nel suo ruolo di evangelizzatore e propagatore della fede cristiana. Le rappresentazioni presenti nella Val Leogra e nei dintorni variano ritraendo il santo nei suoi paramenti vescovili, con attributi come la mitria e il pastorale, ma anche nell'atto simbolico di distruggere idoli pagani. Le opere di diversi pittori, tra cui Giuseppe Eugenio Tomaso Pasquotti, ritraggono San Prosdocimo in modi differenti, ma con un focus costante sulla sua missione religiosa ed il suo impatto sulla storia cristiana locale.
La "Zona Sacra Monumentale" sul Monte Pasubio
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La "Zona Sacra Monumentale" sul Monte Pasubio
Nel 1922, l'area apicale del Monte Pasubio, teatro di drammatiche vicende belliche nel corso della Prima Guerra Mondiale, viene dichiarata Zona Sacra Monumentale. Il contributo storico, riportando il testo del provvedimento che stabilì i confini della zona, ripercorre i principali eventi bellici nell'arco temporale compreso tra il 1916 e il 1918 e le fasi che portarono successivamente, negli anni Venti, alla costruzione dell'Ossario sul Colle di Bellavista e dell'Arco Romano a Settecroci, ad imperituro ricordo dei caduti del Monte Pasubio.
Sul maglio a stanga a testa d'asino in "Magli da ferro in Valleogra: Santorso, San Vito di Leguzzano, Schio, Torrebelvicino, Valli del Pasubio. Il sistema-maglio. Tecnologia e appunti storici"
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Sul maglio a stanga a testa d'asino in "Magli da ferro in Valleogra: Santorso, San Vito di Leguzzano, Schio, Torrebelvicino, Valli del Pasubio. Il sistema-maglio. Tecnologia e appunti storici"
Il maglio a “stanga a testa d’asino” era la tecnologia, alimentata dalla forza motrice dell’acqua, storicamente più diffusa nelle fucine dell’alto vicentino che lavoravano il ferro e il rame. Movendo da un’indagine svolta su oltre trenta magli del vicentino, lo studio ne illustra le caratteristiche, ripercorre le origini dei mulini a partire dal XII secolo, le diverse funzioni, la trasformazione in magli a partire dal XVI secolo, resa possibile grazie alla disponibilità di minerali proveniente dalle colline tra S. Quirico e il Tretto. Si passa quindi all’illustrazione delle diverse tipologie di magli, delle modalità di sfruttamento della forza motrice attraverso canalizzazioni dei corsi d’acqua, del funzionamento delle ruote idrauliche e della “botte per l’aria” e infine della macchina del maglio e delle sue componenti. L’elemento oscillante, una sorta di grande martello, terminava con la cosiddetta testa, caratteristica di ciascun maglio. La frequenza dei colpi (battute) poteva essere regolata grazie alla “stanga”. C’erano poi gli elementi fissi, tra i quali l’incudine. In conclusione, un breve cenno ai prodotti del maglio: parti di carri e macchine agricole, attrezzi per i lavori di artigiani, contadini e boscaioli e muratori, chiodi e ferramenta, componenti per l’edilizia. Una tabella finale riporta caratteristiche e materiali dei singoli magli e i riferimenti delle persone intervistate nell’ambito dell’indagine.
La borghesia scledense tra attività laniera e proprietà immobiliari nei decenni di fine Settecento e inizio Ottocento
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La borghesia scledense tra attività laniera e proprietà immobiliari nei decenni di fine Settecento e inizio Ottocento
L'attività laniera di Schio ebbe inizio già nell’epoca romana. Nel XV secolo, con l’annessione alla Repubblica di Venezia, alle manifatture di Schio fu proibito di produrre i panni alti, quindi i tessuti pregiati, e questo rallentò pesantemente l’evolversi del settore nella Val Leogra. Dopo molti sforzi, nel 1701 questo divieto fu abolito e Schio ebbe un periodo di rinascita divenendo il fulcro della lavorazione della lana nella Repubblica di Venezia. Con la conquista napoleonica si ebbe un declino dovuto proprio all'egemonia francese. Segue poi un paragrafo che si sofferma sull’ identificazione ed analisi delle famiglie borghesi e delle loro attività attraverso il Catasto, voluto dal governo francese per controllare la popolazione. Attraverso i dati catastali emerge che a Schio c'erano 591 possessori di beni, tra cui 40 imprenditori lanieri. Tra le famiglie borghesi che ebbero fortuna con la lavorazione della lana l’articolo si sofferma sulle famiglie dei Fugazzaro, dei Rubini e degli Zambon. Questi tre esempi dimostrano come a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento nella zona di Schio nacquero numerosi imprenditori che attraverso questa attività si arricchirono e dimostrarono un notevole dinamismo.
Accorpamenti territoriali nell'Alto Vicentino: il caso Molina. Gravi e villani a Marano Vicentino tra i secoli XVIII e XIX
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Accorpamenti territoriali nell'Alto Vicentino: il caso Molina. Gravi e villani a Marano Vicentino tra i secoli XVIII e XIX
Tra la fine del’700 e per metà ‘800 il territorio di Molina è rimasto conteso tra Marano e Malo in seguito all’intervento dei francesi che avevano riformato l’assetto comunale. Si arriva all’aggregazione di Molina a Malo grazie al decreto reale del 1807 che prevedeva accorpamenti territoriali così da non perdere il primato della seconda classe attribuito oltrepassando il maximum di 3000 abitanti. Malo era anche a capo di un cantone. Questi territori soffrono di una crisi dell’agricoltura: un raccolto inadeguato porta alla carestia che raggiunge il culmine nel 1782. La carestia porta alla scarsità di sorgo ma non a quella di frumento, il mais viene così utilizzato da alcuni Comuni come strumento di divisione in classi sociali di appartenenza. Numerosi fittavoli, tra i quali troviamo Gaetano Fabris, occupavano i territori dei nobili ai quali poco importava delle condizioni dei loro affittuari. I nobili inoltre utilizzavano i mulini, che sfruttavano l'acqua della Roggia Schio-Molina, come strumento di controllo sociale. I mulini erano proprietà privata dei cosiddetti munari, come lo erano i forni organizzati familiarmente ed utilizzati per cuocere il pane. Questi anni caratterizzati quindi da crisi economica e vicende politiche-militari furono instabili e turbolenti. Il territorio vicentino si trovò al centro di eventi bellici e di una grande insurrezione della popolazione nel 1809, causata da provvedimenti vessatori dell’Impero napoleonico.
L'archivio del Consorzio Roggia di Schio, Marano e Rio dei Molini
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L'archivio del Consorzio Roggia di Schio, Marano e Rio dei Molini
Il disciolto Consorzio Roggia di Schio Marano e Rio dei Molini gestì l’utilizzo dell’acqua per scopi irrigui, produttivi e civili, dalla sua costituzione, nel 1864, fino alla soppressione avvenuta nel 1983. L’archivio storico dell’ente, che custodiva documenti prodotti fino al 1933-1934, fu trasferito presso la Biblioteca civica di Schio. Lo studio ripercorre la genesi e l’evoluzione dell’ente, che nel periodo più recente assunse competenze ristrette quasi esclusivamente all’irrigazione agricola, e pubblica puntualmente l’inventario d’archivio articolato in 91 unità. Un breve paragrafo finale è riservato ai documenti consegnati, dopo la soppressione del Consorzio, da Franco Rossi che fu l’ultimo ingegnere consortile.
La "Fabbrica della cioccolata" a Santorso
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La "Fabbrica della cioccolata" a Santorso
Nel 1890 a Schio i fratelli Fongaro diedero inizio alla fabbricazione del cioccolato per il commercio all’ingrosso. Nel 1901 Giuseppe Saccardo rileva la gestione aziendale. L’eccellente qualità e la bontà dei prodotti portarono nel 1911 alla registrazione del marchio e al trasferimento della sede a Santorso . Nel 1919 termina il sodalizio con i fratelli Fongaro che ripresero l’attività nella sede di Schio. La produzione della cioccolata era dunque un’importante attività per l’economia scledense:oltre a diverse qualità di cioccolato la fabbrica preparava anche confetture e caramelle. I suoi prodotti, conosciuti in tutta Italia per la loro bontà e la modicità dei prezzi, venivano realizzati attraverso varie fasi di lavorazione. E’ stata per anni un’importantissima risorsa economica che garantì lavoro e benessere a numerose famiglie di Santorso. La fabbrica pubblicizzava i suoi prodotti ricorrendo a rappresentanti, partecipando a fiere campionarie e promuovendo concorsi. Dagli anni ‘50 del ‘900 si assiste al declino e in seguito al fallimento della Società del Cioccolato Dolomiti, a causa forse di una gestione poco accorta.
L'architetto della Val Leogra: Ferruccio Chemello (1863-1943)
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L'architetto della Val Leogra: Ferruccio Chemello (1863-1943)
L’articolo ripercorre le tappe della carriera dell’architetto Ferruccio Chemello, concentrandosi su quei progetti che riguardano la zona del Vicentino e della Val Leogra. Chemello, con il titolo di architetto ingegnere, prima di intraprendere la libera professione, lavorò nello studio di Carlo e Giovanni Letter a Schio. Al Pian delle Fugazze progettò insieme a Giovanni Letter l’Albergo Dolomiti, primo grande albergo alpino del Veneto in stile “Liberty montano” e l’Oratorio di San Marco. Fu molto richiesto nell’ambito dell’edilizia sacra, e fu architetto ufficiale della curia di Vicenza con il vescovo Rodolfi. Si occupò anche di edilizia civile, per esempio progettò la villa di Dal Brun, il Teatro Civico di Schio e alcune scuole elementari. Inoltre, si occupò anche della realizzazione di cimiteri e monumenti ai caduti della prima guerra mondiale. Suo è il progetto dell’Ossario del Pasubio, anche se nella fase finale dei lavori lasciò il cantiere per alcuni contrasti con l’arch. Chevalley.
Partivano da Torrebelvicino le ferrovie della Val Leogra
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Partivano da Torrebelvicino le ferrovie della Val Leogra
Fin dall'estate del 1882, il Comune di Torrebelvicino ricevette una richiesta di contribuire al finanziamento per la costruzione di un tronco ferroviario Schio-Pievebelvicino-Torrebelvicino. Il progetto fu accettato dal Consiglio comunale, ma il contributo fu respinto per problemi di bilancio. Nonostante le difficoltà, l'ingegnere G.B. Saccardo portò avanti il progetto con l'impulso della "Società Veneta" e di A. Rossi, e la ferrovia fu inaugurata nel marzo 1885. La linea attraversava Schio e Torrebelvicino, collegando le due località, ed ebbe un ruolo chiave nello sviluppo industriale e nel miglioramento delle comunicazioni nella zona, oltre che nel facilitare lo spostamento delle persone. L’articolo illustra quindi il progetto della ferrovia Torrebelvicino-Valli dei Signori-Recoaro, che tuttavia si ferma alla fase di studio iniziale. Infine l’articolo descrive il progetto di Olinto De Pretto di una ferrovia Schio-Rovereto attraverso la Val Leogra e la Vallarsa, anch’esso rimasto allo stato di ideazione.
Acqua magica. Immaginario fantastico popolare e anguàne a Piovene e nelle zone limitrofe dell'Alto Vicentino
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Acqua magica. Immaginario fantastico popolare e anguàne a Piovene e nelle zone limitrofe dell'Alto Vicentino
L’articolo è diviso in sette sezioni. La prima spiega che le anguàne, nei racconti popolari di Piovene Rocchette e dell’Alto Vicentino, sono esseri fantastici, le cui apparizioni notturne avvenivano dov’era presente acqua corrente, presso cui si lavavano e stendevano i panni. La seconda espone le possibili origini del loro nome, dal latino aqua o, sempre dal latino, anguis, serpente. Spiega inoltre che, col tempo, l’anguàna è venuta a designare una donna dalla moralità incerta. La terza illustra il legame che vi è tra l’anguàna (la donna), la luna e l’acqua, percepito come il circuito antropocosmico della fecondità, a cui si collegano le varie credenze, anche religiose, sulla fecondità e in cui rientrano le conoscenze dei cicli agricoli. La quarta spiega che i luoghi di apparizione coincidono con quelli in cui sono accertati i primi nuclei abitativi, come le grotte. La quinta collega le anguàne al mondo dei morti, inteso come regno dell’abbondanza opposta alla scarsità, anche alimentare, del quotidiano. La sesta illustra il legame che vi è tra l’anguàna, il serpente e il drago poiché tutte e tre creature che, in leggende e miti, riforniscono d’acqua il mondo e sono simboli di fecondità. La settima conclude ricollegando gli elementi esposti e spiegando che è stata data un’immagine benefica delle anguàne poiché è un termine quasi ormai dimenticato e il cui significato è stato nel tempo storpiato.
Bortolo Pento, un intellettuale "maranese"
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Bortolo Pento, un intellettuale "maranese"
Bortolo Pento nasce l'8 dicembre 1914 a Venezia, il padre era originario di Marano ed era carabiniere, mentre la madre era salernitana. Si trasferisce a Marano e nel 1942 sposa Nerina Marini. Aderisce al movimento antifascista "Partito Socialista Rivoluzionario Italiano". Egli fu un professore di liceo, prima negli istituti di Este, poi di Adria e Rovigo. Molte sono le testate in cui possiamo trovare gli interventi di Pento: "La fiera letteraria" e " Realtà". Le sue pubblicazioni più rilevanti sono quelle sui poeti Salvatore Quasimodo e Alfonso Gatto. Inoltre coltiva una vocazione poetica. Bortolo Pento nelle sue poesie non parla mai esplicitamente di Marano, in sedici libricini di poesia e uno di prosa memoriale non appare mai la parola "Marano". L'Alto vicentino di Pento è un disegno della memoria. La lirica tratta dalla prima opera "Terreno canto", pubblicata nel 1940, racconta in uno stile ottocentesco il lavoro nei campi. Il poeta non parla di sé ma degli altri e Marano, oggetto di questa lirica, non viene nemmeno nominata. Traspare la nostalgia di Pento per i luoghi della sua giovinezza, questo sentimento si percepisce anche nei testi "Fu", "Unico", "Quel tempo". Conoscere Bortolo Pento ha permesso di scoprire alcuni testi poetici ingiustamente dimenticati, ma anche di far luce su quello che doveva essere l'ambiente intellettuale della provincia vicentina negli anni Trenta del Novecento.
Idrografia del Leogra-Timonchio. Introduzione ad una ricerca cartografica
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Idrografia del Leogra-Timonchio. Introduzione ad una ricerca cartografica
L’autore dell’articolo racconta della sua gioventù durante la quale esplorava il territorio circostante. Conosceva perfettamente il Livergón di Pievebelvicino e i suoi affluenti popolati di sioramàndole. Ivi si trovavano vari siti: la Fontanela Zoja, la cava di tera crea e il guado al Bojoléto dele pière. Spesso si recava anche presso la Roza. Più tardi iniziò a frequentare il Leogra, un torrente più ampio in cui erano presenti cascate, bojolúni e discariche industriali. L’idrografia ai suoi tempi si fermava tuttavia fino al Ponte Canale. Spiega in seguito che la rete idrografica del territorio assumeva una struttura ad albero in cui i rami principali sono il Leogra e il Timonchio e il tronco è il Bacchiglione. Alcuni rami sono di origine artificiale. Nell’articolo sono rappresentate tre cartine: le prime due interessano il bacino idrografico Leogra-Timonchio (parte a Nord-Ovest e Sud-Est); la terza concerne il bacino idrografico Medio Astico-Bacchiglione. Queste cartine non sono complete in quanto sono state fatte a mano per scopi personali e non per divulgazione.
Il Caolino nella Val dei Mercanti di Torrebelvicino
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Il Caolino nella Val dei Mercanti di Torrebelvicino
In questo articolo si parla dell’estrazione del caolino nella Valle dei Mercanti di Torrebelvicino. Dopo un breve excursus sull’orografia e idrografia del territorio, vengono descritte alcune caratteristiche di questo materiale quali la sua composizione, origine, luoghi in cui può essere trovato e diversi metodi di estrazione. Viene, inoltre, ripercorsa brevemente la storia del suo utilizzo nel territorio (concentrandosi principalmente sui lavori eseguiti nella Concessione “Riolo” e in quella “Casarotti”) e le diverse innovazioni che sono state apportate nel corso del tempo. Gli autori concludono con alcune testimonianze da parte di persone che da bambini o ragazzi avevano vissuto intorno o nelle miniere della valle per il lavoro dei genitori e con alcune riflessioni sul valore sociale della cava, oltre che sui pericoli che questa comporta.
Le Pietre, le Cave, gli Scalpellini di Piovene Rocchette
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Le Pietre, le Cave, gli Scalpellini di Piovene Rocchette
Non è noto come sia nata l’arte di lavorare la pietra a Piovene. La presenza di cave è concentrata dove il monte Summano incontra la pianura e la roccia è di origine sedimentaria risalente al Giurassico ed è definita dai geologi Calcari Grigi di Noriglio. Il Maccà di Piovene descrive varie cave, alcune di pietra bianca candida, altre di pietra rossiccia, cave che “tengono occupati diversi uomini e mantengono diverse famiglie” . Il lavoro nelle cave era molto duro, soprattutto perché basato esclusivamente sulla forza degli uomini che dovevano ricavare dalla parete di roccia il blocco di pietra da lavorare attraverso delle tecniche particolari. Una volta estratti, i blocchi di pietra venivano trasportati facendoli rotolare su rulli e poi venduti grezzi oppure lavorati e venduti raffinati. Nell’ultimo paragrafo, l’articolo si sofferma sulle famiglie di Piovene che hanno contribuito nel creare la storia del paese e delle sue cave.
Piovenesi D. O. C. contro forestieri nel '700
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Piovenesi D. O. C. contro forestieri nel '700
Si ricostruiscono, attraverso suppliche, istanze, atti notarili, le ostilità intercorse tra famiglie originarie e forestieri del comune di Piovene nel ‘700. Molti accordi raggiunti ufficialmente venivano poi ignorati o parzialmente disattesi. Vengono riportate alcune sanzioni riguardanti i forestieri e la legge che stabiliva che dopo 10 anni dovessero essere considerati aggregati. Si riporta il contenuto di documenti del Settecento che attestano i tentativi degli aggregati di difendersi e condannare i soprusi degli originari proprietari terrieri, che li escludevano da alcuni diritti. Si ipotizza poi una suddivisione delle famiglie in forestieri (Bragiola, Dal Pra, Marioni, Rosa, Rudella, Toniolo, etc.) e originari (Barbieri, Castelli, De Pretto, Gasparini, Lievore, Panozzo, Pizzati, etc.). A tali questioni parteciparono anche nobili, quali i Thiene, i Piovene, i Capra e altri. Infine si elencano gli eventi delle elezioni comunali del 1772, le cui irregolarità furono poi denunciate alla Serenissima.
Arnaldo Fusinato, da Schio verso l'Italia
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Arnaldo Fusinato, da Schio verso l'Italia
Romanticismo italiano e Risorgimento hanno spesso intrecciato i destini dei propri protagonisti. Lo studio, incentrato sulla figura di Arnaldo Fusinato (1817-1888), pone alternativamente l’attenzione sulla dimensione di letterato e patriota dell’illustre scledense. Nell’ambiento padovano, durante il periodo universitario, coltiva sia gli ideali unitari, sia la dimensione letteraria, collaborando ai giornali “L’Euganeo” e “Il caffè Pedrocchi”. Dopo alterne vicende, conseguenti anche ad un tragico evento accaduto con i militari austriaci, consegue la laurea. Rientrato a Schio, città dove l’illuminista e massone Marziale Reghellini aveva fondato una loggia massonica, frequenta assieme ad Alessandro Rossi e Lodovico Pasini la biblioteca di Giovanni Maraschin. Nel 1847, declama pubblicamente versi apertamente antiaustriaci in occasione di un viaggio a Vienna. Subisce un mandato d’arresto che però giunge a Schio solo dopo che l’insurrezione del 1848 è iniziata. Col fratello Clemente, Fusinato costituisce il Corpo Franco di Schio, con 200 volontari del distretto, e partecipa alle battaglie di Sorio e di Pian delle Fugazze e infine alla difesa della città insorta di Vicenza. I fratelli continuano la lotta anche durante il successivo esilio. Arnaldo nel 1949 è a Venezia, stretta d’assedio. Sposa Anna Colonna e scrive i celebri versi de “Le ultime ore di Venezia”. Rientrato a Schio, prematuramente perde la moglie Anna e qualche anno dopo, anche il padre. Da Castelfranco Veneto, dove si trasferisce e sposa in seconde nozze Ermina Fuà, tiene i collegamenti con i cospiratori veneti. Visse gli ultimi anni tra Firenze e Roma, dove ora riposa, con la moglie, al cimitero monumentale del Verano tra coloro che lottarono per l’Italia unita.
Il lungo viaggio del pane
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Il lungo viaggio del pane
Il saggio rappresenta il lavoro di studenti del liceo classico che, sotto la guida delle docenti G. De Finis e M. Migliavacca, approfondiscono sotto diversi aspetti il tema del pane, elaborando un percorso storico che comprende aspetti archeologici, linguistici, letterari e più in generale culturali, dal Neolitico fino all’antichità greca e romana. Alla trattazione del pane nel mondo dell’antichità classica si alterna l’indagine sulla realtà culturale e materiale scledense. Si fa riferimento ai ritrovamenti di alimenti tra cui dei piccoli pani combusti nella necropoli vicina al castrum romano, in località Cabrelle nei pressi di Schio. Quindi si descrive il processo di panificazione nell’epoca preindustriale, i tipi di pane prodotti dai panifici in Schio e quelli attualmente più diffusi. Infine si entra nella saggezza popolare passando in rassegna alcuni proverbi che fanno riferimento al pane come protagonista.
I granchi fossili del territorio di Monte di Malo
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I granchi fossili del territorio di Monte di Malo
L'articolo offre un'affascinante panoramica sulla storia geologica e paleontologica della zona di Monte di Malo, in particolare sui fossili di granchi e l'ambiente marino preistorico in cui sono stati trovati. Inizia descrivendo come la regione un tempo fosse parte di un antico mare tropicale noto come "Mare della Tetide" circa 50 milioni di anni fa. Durante questo periodo, si sono accumulati resti di animali marini, come conchiglie, gusci, granchi e denti di pesci sul fondo del mare. Successivamente, a causa dell'attività geologica, queste rocce marine si sono sollevate, formando la catena montuosa dei Lessini.L'autore fornisce dettagli sulla cava "Rossi" di Monte di Malo, dove sono stati scoperti numerosi fossili di granchi. Si descrive il processo di estrazione di questi fossili e si menziona l'importanza scientifica delle scoperte. In particolare, sono stati identificati fossili di granchi di varie specie, tra cui alcune nuove per la scienza.
La cartiera di Pievebelvicino e il "cartaio" Rossi Sen. Alessandro.
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La cartiera di Pievebelvicino e il "cartaio" Rossi Sen. Alessandro.
Le acque della Val Leogra, sin dal XII secolo furono utilizzate oltre che per fini irrigui, anche in varie attività manifatturiere;la produzione locale di carta favorì nel 1474 la stampa dei primi libri a caratteri mobili per iniziativa di Leonhard Acate da Basilea e di Johannes de Reno. Pievebelvicino ospitò la prima cartiera in un edificio che nei secoli successivi verrà progressivamente integrato in altri, tra cui il Lanificio Rossi, poi Marzotto. Lo studio indaga sui documenti che testimoniano le vicende dell’edificio e dell’attività che ospitò, anche in relazione ad altre analoghe cartiere operanti nei territori alto vicentini contermini (Schio, Arsiero), nonché sulle figure imprenditoriali che ne furono titolari. Un approfondimento specifico viene riservato al senatore Alessandro Rossi, nell’inedita veste di imprenditore “cartaio”, e a Gaetano Longo, capostipite dei tipografi scledensi, oltre che alle tecniche e alle macchine utilizzate, nel tempo, per la produzione di carta.
Malo nel vortice della guerra di Cambrai (1508-1517)
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Malo nel vortice della guerra di Cambrai (1508-1517)
Nel complesso e variabile scenario politico europeo conseguente alla Lega di Cambrai del 1508, costituita contro la Repubblica di Venezia, lo studio ripercorre i difficili ani vissuti da Malo e il suo territorio. Nel 1510 fu sottomessa, con Schio e San Vito di Leguzzano, agli imperiali scesi da Trento sotto il comando dei fratelli Trapp. Ma già a fine agosto dello stesso anno, la comunità maladense ritornò sotto le ali del leone di San Marco, grazie alla nuova alleanza veneto papale, la lega Santa antifrancese, che prevedeva la restituzione dei territori veneti occupati. Nel medesimo periodo si determinarono anche malesseri causati dai dazi gravanti sul sale. Ma ulteriori conflitti rinfocolatisi nel 1512, conseguenti ad un nuovo scenario di alleanze, portarono la presenza di truppe ispano-tedesche con conseguente imposizione di pesanti tasse. Nel 1517, Malo saluterà infine con favore la fine della guerra, rimanendo fedele alla Repubblica.
Scritture popolari di guerra. Analisi della testimonianza di un soldato semplice di stanza sul Monte Summano.
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Scritture popolari di guerra. Analisi della testimonianza di un soldato semplice di stanza sul Monte Summano.
Il contributo pone in evidenza l’importanza delle scritture popolari, epistolari, diari e memoriali, nella conoscenza degli eventi bellici del Prima Guerra Mondiale. Pur nei limiti imposti dalla censura militare e dal diffuso analfabetismo delle truppe, i documenti, oggi in buona parte disponibili in rete, restituiscono l’immagine del conflitto vissuto dai reali protagonisti. Il soldato piemontese Giovanni Bertotti, di stanza sul Monte Summano, scrive a Don Gaudenzio Manuelli, arciprete di Fara Novarese, il 2 settembre 1916. Nel testo della lettera, riportato integralmente, il militare descrive la sua situazione, la vita al fronte, i luoghi circostanti, la visita avvenuta tre giorni prima di Amedeo di Savoia Duca d’Aosta, al tempo non ancora diciottenne.
Un testamento spirituale del primo Settecento scledense: gli Avvertimenti di Giacomo Pozzolo ai suoi discendenti
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Un testamento spirituale del primo Settecento scledense: gli Avvertimenti di Giacomo Pozzolo ai suoi discendenti
Lo scledense Giacomo Pozzolo (1639-1714), che scrisse le “Notizie della terra di Schio scritte dall’anno 1712 al 1714,” volume dato alle stampe nel 1876, fu altresì autore dell’operetta morale “Avvertimenti semplici e ricordi che li scrivo a’ miei successori acciò in ogni tempo li tengano a memoria e almeno una volata l’anno li leggano e osservino”. Lo scritto - una sorta di testamento spirituale - unisce spunti di testi sapienziali con dettami ricavati dal buon senso popolare e dal proprio vissuto personale. L’esordio è riservato ai precetti del buon cattolico e all’amore filiale da riservare all’autorità politica, nello specifico alla Serenissima Repubblica, la “Venetia eviterna” del domenicano spagnolo Pietro Romero, cui l’autore si ispira. I dettami successivi investono la figura della donna, l’educazione dei figli, delle figlie e dei nipoti, il matrimonio, gli affari, l’acquisto e la cessione di beni in affitto, le responsabilità pubbliche, le amicizie, i lavori da svolgere, i viaggi. Nello scritto emerge la costante preoccupazione di proteggere se stessi, prevenendo possibili conseguenze negative derivanti da comportamenti malaccorti.
Tra sirene di guerra e campanelle di scuola. Piovene Rocchette nel biennio 1943-1945
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Tra sirene di guerra e campanelle di scuola. Piovene Rocchette nel biennio 1943-1945
Domenica 25 luglio 1943, mentre il Duce destituito dal Re viene arrestato, a Piovene Rocchette si rinnova il voto alla Madonna dell’Angelo per la liberazione dalla peste del 1631. Lo studio ricostruisce il clima che caratterizzò la comunità piovenese a partire dai giorni successive a quella domenica del ‘43, fino alla liberazione dell’aprile del 1945. Propone alcuni episodi tratti da testimonianze dirette e documenti del tempo, desunti dall’archivio delle Scuole Elementari, a partire dai cambiamenti che avvennero nell’anno scolastico 1943-1944, quando le lezioni iniziarono a novembre a causa dell’occupazione tedesca. Le conseguenze della guerra si fecero via via più pesanti, con l’inizio dei bombardamenti aerei e l’incubo delle sirene, che suonarono 412 volte prima della fine del conflitto. Vengono inoltre ricostruiti alcuni episodi del periodo bellico, riletti attraverso gli scritti di insegnanti e degli alunni, fino alla definitiva liberazione del 1945 sancita dall’arrivo dei carri armati britannici, di fronte alle Scuole elementari.
La gestione delle acque nel territorio di Santorso nel XVII secolo
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La gestione delle acque nel territorio di Santorso nel XVII secolo
Nel 2002 la Biblioteca di Santorso ha acquistato delle copie di alcuni atti giurisdizionali del XVII secolo relativi alla gestione delle acque del territorio. I documenti forniscono nuovi dettagli sulla storia locale e i loro contenuti si integrano con le informazioni provenienti da altre fonti. Nei documenti vengono menzionati diversi corsi d’acqua (c.d. fontane) che scorrono nel territorio del comune e si gettano nella Roggia di Thiene (Roza), si descrivono le dispute tra i comuni di Santorso, Thiene e Zanè per lo sfruttamento dei corsi d’acqua e le risoluzioni adottate dalle autorità.In appendice si riporta il testo dei tre documenti più significativi.
Uso dell'acqua in Val Leogra nell'antichità
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Uso dell'acqua in Val Leogra nell'antichità
L’articolo è stato redatto da alcuni studenti del Liceo Classico “Giacomo Zanella” ed è suddiviso in un’introduzione e cinque sezioni. Nell’introduzione si spiega che, tra i rinvenimenti archeologici della zona percorsa dai torrenti Leogra, Livergòn e Timonchio, sono stati considerate solo le fonti risalenti all’età del Ferro e all’età romana. La prima sezione esamina la geologia, l’idrologia e le rocce delle valli del Leogra e dell’Agno. Il secondo, corredato da immagini, approfondisce i metodi di trasporto dell’acqua, a partire da quanto rinvenuto nelle zone di Magrè e Schio: gli acquedotti romani, con il caso dell’acquedotto di Lobia;il timpano;la chiocciola;la pompa aspirante di Ctesibio. Il terzo tratta degli usi a fini agricoli per irrigare i campi, ricavati dalla centuriazione. Sono riportate due piante della centuriazione dell’Alto Vicentino. Il quarto, corredato da immagini di affreschi, tratta degli usi a fini artigianali per la lavorazione della lana. In particolare vengono illustrati: i pesi dei telai verticali;un’iscrizione della corporazione dei centonarii;una fullonica, dove si svolgeva il processo di follatura della lana. Il quinto spiega gli usi dell’acqua connessi al culto e ai suoi poteri evocativi, medicamentosi e alle sue capacità terapeutiche.
"Con corpi e sangui". Un processo criminale del Consiglio dei Dieci (Santorso 1777 - Venezia 1782).
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"Con corpi e sangui". Un processo criminale del Consiglio dei Dieci (Santorso 1777 - Venezia 1782).
Questo articolo riporta accuratamente gli eventi avvenuti tra il 20 e il 21 aprile del 1777 a Santorso. Viene descritto un gruppo di uomini, composto da Francesco Broccardo, Bortolo Zaffonato e Antonio Cerbaro, di atteggiamento astioso, tendenti all’uso eccessivo di alcool ed incuranti delle regole comunali. Essi si aggiravano per le strade muniti di coltelli ed nel culmine della violenza ripetutamente accoltellarono l’immagine della Vergine nel capitello dedicato alla Madonna, poi, accortisi, della gravità della situazione, decisero di abbandonare il paese. Il principale colpevole, Francesco Broccardo, venne successivamente catturato il 15 febbraio del 1778 e condotto sotto l’attenzione della corte pretoria di Vicenza, per poi essere trasferito nelle prigioni del consiglio dei Dieci. La pena successivamente comminatagli fu la seguente: tre anni di servizio sulle galere della Repubblica.
Dal moràro, al cavaliére, alla galéta e alla seta di Malo
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Dal moràro, al cavaliére, alla galéta e alla seta di Malo
Il processo attraverso il quale si ottiene la pregiata seta di Malo è molto complesso e interessante. Nell’articolo viene descritto nei dettagli, in particolar modo i passaggi attraverso cui all’inizio del 1900 si riusciva ad ottenere un prodotto di così alta qualità. Nell’articolo si fa un approfondimento sui bachi da seta, analizzando come riescono a produrre la seta attraverso il loro organismo, ma nella seconda parte del testo si evidenziano invece le mansioni e le condizioni lavorative delle filandiere, che erano costrette a lavorare a ritmi insostenibili. Infine si presenta il Museo dell'Arte Serica di Palazzo Corielli in Malo.
Devozione popolare in Valleogra
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Devozione popolare in Valleogra
L'articolo è diviso in due sezioni. La prima narra la leggenda della Chiesa di Valli. Secoli fa gli abitanti del villaggio Vallevogra, volendo costruire un’unica chiesa per i paesani al di qua e al di là del fiume, concordata la posizione, cominciarono i lavori. Un carpentiere si ferì con una scheggia di legno e avvenne un miracolo: una colomba la raccolse e la depose poco lontano. Gli abitanti, credendo che il miracolo fosse un segno della Vergine Maria delle Valli, costruirono in quel luogo la chiesa. La seconda sezione, chiamata fede e miracoli, narra della devozione per l'immagine della Madonna della Val Leogra, raccontando i momenti storici in cui questa fu esposta e dei miracoli che seguirono, come la crescita delle piantagioni dopo un inverno molto rigido.
Per una storia delle acque minerali a Valli del Pasubio. Alle origini della concessione alle "Acque Staro" della sorgente "Fonti Dolomiti"
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Per una storia delle acque minerali a Valli del Pasubio. Alle origini della concessione alle "Acque Staro" della sorgente "Fonti Dolomiti"
L’articolo ricostruisce la storia della società Norda, a Valli del Pasubio, ed il passaggio da “Fonti Dolomiti” a “Fonti Staro”. Viene inoltre descritto lo studio di campioni d’acqua sottoposti a un esame chimico e batteriologico del quale vengono presentati i risultati e si delimita il campo d’azione;vengono anche presentati i risultati di una sperimentazione clinico-terapeutica dalla quale si deduce l’efficacia dell’acqua minerale di Staro, che viene descritta come medio-minerale e con attività terapeutiche.
Folklore Valleogrino
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Folklore Valleogrino
Con riferimento al lavoro di H. HAID, Alythos und hall in den Alpen. Allestes, Alies und Akluelles uber Kultstiitten und AIpenwitin, Ed. Tau, Mattersburg - Baci Sauerbrunn, 1990, si ripercorrono brevemente le più note figure mitiche di origine pagana, la loro diffusione e il processo di cristianizzazione che portò a un assorbimento del paganesimo. È presente la spiegazione della doppia valenza delle anguane, della figura dell’orco e di quella del Salvanelo. Viene inoltre riportato un articolo preso in considerazione per l’interpretazione di alcuni nomi valleogrini, come “Ponte Capre”, e la descrizione del cosiddetto “uomo dai fiori”. L’articolo si conclude con riferimento a un lavoro di Vittorio Mantese relativo alla presenza di “un paese del tesoro” mai realmente individuato.
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